31.8.15

Perché inserire un prologo al romanzo?


Bentrovati!

Per chi è già tornato dalle vacanze e si è rimesso alla scrivania, oggi vorrei proporre una riflessione sul significato del prologo in relazione al primo atto della storia.

Facciamo un breve riassunto per chi, come me, è ancora alle prime armi in materia di scrittura e sta riempiendo la sua cassetta degli attrezzi, giorno dopo giorno.

Ogni pezzo di fiction è composto da una struttura suddivisibile in tre atti:

- il primo atto introduce i personaggi principali e delinea il conflitto che causerà il susseguirsi degli eventi che compongono la trama.

- il secondo atto sviluppa la trama, accompagnando il lettore tra le varie peripezie affrontate dal protagonista.

- il terzo atto risolve il conflitto e porta la storia al suo finale.

Concentriamoci ora sul primo atto: l’autore deve fare in modo che il lettore si identifichi con il protagonista, in modo che continui a voltare pagina e si decida a comprare il libro. Quali sono gli strumenti a sua disposizione? Per rispondere non farò riferimento ai manuali di scrittura, ma solo alle storie che ho letto e scritto finora, quindi a una manciata di esempi che non pretendono di esaurire l’argomento. Vi avviso anche che io sono donna, e le mie protagoniste sono femmine, per cui questa sezione soffrirà, volente o nolente, di un bias di genere, causato dalle mie preferenze personali. Nonostante ciò, anche uno scrittore di sesso maschile potrebbe interessarsi alle mie riflessioni, se non altro come strumento per capire meglio come attirare un pubblico femminile.

Come lettrice, mi identifico col personaggio se:

- La protagonista è tutto ciò che vorrei essere: bella, ricca, libera e felice. Leggere la sua storia mi permette di sognare a occhi aperti. Tifo per lei perché tramite i suoi occhi posso sognare una vita che altrimenti non avrei mai. Tanto per capirci, sto parlando di quella sfondata di Cenerentola, che si è aggiudicata il principe solo perché di piede era una taglia 34.

Mandata in collegio, finisce per farne
la sguattera - il mio mito - Lovely Sara



- La protagonista è la sfiga fatta persona: povera, maltrattata, abusata e però perennemente ottimista. La guerriera ingenua continuamente perseguitata dal mondo crudele mi costringe a tifare per lei perché fino a un minuto fa non pensavo possibile che qualcuno avesse più problemi di me. Se ce la fa lei, allora devo farcela anch’io, e quando chiudo il libro e torno ad affrontare le rotture di scatole quotidiane penso: “Almeno io non sono stata venduta schiava dai miei genitori” e mi consolo. La mia generazione (1978) è stata cresciuta a merendine e cartoni giapponesi, per cui gli esempi si sprecano: Candy Candy e Georgie sono sempre sul podio, ma la mia preferita era e rimarrà sempre Lovely Sara.




- Il mondo della protagonista è fuori dal comune, in un modo che rende anche la donna più insipida un argomento di lettura interessante. Un personaggio medio, standard, una persona comune che più comune non si può, inserita in un contesto paradossale o pirotecnico, può accompagnarmi passo dopo passo lungo una serie di eventi che diventano credibili proprio perché le sue reazioni alle assurdità che le capitano sono le stesse che avrei io. È il caso di Katniss Everdeen di Hunger Games, un'adolescente che vorrebbe solo essere lasciata in pace e che invece si trova costretta a offrirsi volontaria in un gioco al massacro. 

In questa terza opzione, è importante che l'ambientazione non lasci scelta al personaggio: se fosse nata a Reggio Emilia anziché nel distretto 12 di Panem, Katniss farebbe tiro con l’arco ogni martedì dalle 18.30 alle 19.30 al campo della Canalina, e magari a fine anno si qualificherebbe per le gare regionali. Fine dei giochi.

Applichiamo ora la struttura a tre atti a una fiction appartenente a quest'ultima categoria, e cominciamo a scrivere il primo atto.

Il primo atto presenta il mondo ordinario della protagonista, la sua vita abitudinaria, così com’è prima che venga spezzata dall’incidente iniziale, cioè l’evento da cui si dipanerà tutta la storia. Seguendo le direttive dei manuali di scrittura e secondo i miei calcoli, in un romanzo standard questa parte della storia occupa le prime venticinque pagine del libro. Ora provate a immaginarvi di andare in libreria, aprire un romanzo con un buon titolo e una buona copertina, e cominciare a leggiucchiarne le prime pagine. Katniss si alza… fa colazione con la sorellina… va a scuola… va al corso di tiro con l’arco. Comprereste un libro del genere? No. Nemmeno io. (Se avete risposto sì, state mentendo a voi stessi, oppure vi sto antipatica e volete darmi torto per forza).
Sono andata a rileggermi una ventina di romanzi che ho tenuto sul Kindle perché mi piacciono particolarmente, e ho notato che praticamente sempre l’incidente iniziale appare entro la decima pagina, spesso anche prima, addirittura capita che il patatrac corrisponda con la prima riga dell’incipit. 

Non sempre però si può partire andando dritti al punto, e qui arriviamo al perché della mia riflessione. La nuova storia che sto scrivendo, chiamiamola “V”, è ambientata in un mondo fiabesco, ma non troppo dissimile dal buon vecchio pianeta Terra. Immaginatevi un’ambientazione alla Miyazaki, per intenderci. 

Kiki's delivery service - regia di Hayao Miyazaki

L’introduzione del mondo ordinario della protagonista è importante ai fini della storia, non posso tagliarla e passare direttamente all’incidente iniziale, perché tale evento ha senso solo nel mondo surreale che voglio introdurre. 
Come posso tenere sveglio il lettore per venticinque pagine senza introdurre alcuna azione, ma semplicemente descrivendo la routine della protagonista in questo mondo quasi terreno?

Ecco che il prologo viene in mio aiuto. In poche frasi scelte ad hoc posso dire al lettore: “Guarda, mi dispiace, devo chiederti di portare pazienza e venire con me a fare un giro turistico dell'area dove siamo prima che io possa dirti cosa sta succedendo, però ti prometto che non ti annoierai, e per provartelo, eccoti un assaggio”.

Posso anteporre una paginetta di prologo al primo capitolo. Che contenuto scelgo di scrivere?

- Uno stralcio tratto da uno dei capitoli centrali, in cui si capta il ritmo emozionante e avventuroso della trama che seguirà.

- Un'introduzione a un personaggio memorabile, che costringa il lettore ad amarlo o odiarlo al punto di volare oltre le prime venticinque pagine pur di sapere cosa combinerà.

- Un flashback o un flashforward che faccia sentire il lettore partecipe alla storia, dandogli l'illusione di sapere più dei personaggi stessi su quel che ha li portati fino a quel punto o su quel che ne sarà di loro alla fine dei conti.

L'angolo del follower


Vi piace l'idea di aprire un romanzo con un prologo?
Usate questa tecnica nelle vostre storie?
Quali contenuti inserireste per ottimizzare lo scopo del prologo?

PS: scusate se non ho mai risposto ai vostri auguri di buone vacanze ma ero in montagna senza WI-FI! (E al ritorno sono stata travolta da eventi pseudo-traumatizzanti di cui vi racconterò per riderne insieme nelle prossime puntate...)

55 commenti:

  1. Bentornata e bentrovata.
    I prologhi... Non so. Li ho usati, per dare subito l'idea che ci fosse qualcosa di brutto in atto e avvisare il lettore "ehi, questo è un giallo!". Però mi sono venuti un po' a noia. Nel romanzo su cui sto lavorando non l'ho usato. L'avevo scritto, ma l'ho subito cestinato. Non è detto, però, che non cambi idea in futuro e non torni al prologo...

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    1. Grazie, è un piacere rivedere il tuo sorriso draghesco.
      Forse il prologo è l'ultima cosa di cui preoccuparsi quando si scrive una nuova storia, perché andrà cambiato ancora e ancora, così come l'incipit. Almeno però sapere se ci sarà un prologo o meno permette di delineare meglio l'intreccio.
      Sono curiosa di sapere a che punto sei con quella tua prima storia pseudo-romantica che stavi scrivendo prima delle vacanze... verrò presto a trovarti!

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  2. Bentornata. Sai che ho molti dubbi su questa proposta del prologo? A pensarci bene le mie storie iniziano subito con il conflitto, il problema, il succo, strada facendo - spesso con un flash back - si introduce abbastanza brevemente il contesto e via. Non ci ho mai veramente pensato, ma riflettendoci ora, grazie a te, mi rendo conto che il mio schema è sempre questo. Bacione Sandra

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    1. Cara Sandra, bentrovata. Le tue storie non hanno bisogno di un prologo o di una lunga introduzione perché sono ambientate nel mondo reale, per cui è facilissimo identificarsi coi tuoi personaggi. Per esempio, solo leggendo "Anna camminava avanti e indietro guardando il telefono e contorcendosi le mani" milioni di persone proveranno empatia e si immagineranno una situazione simile a quella in cui si sono trovati prima o poi.
      Quindi secondo me finché le tue ambientazioni saranno realistiche il tuo schema funzionerà perfettamente.

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  3. bentornata!
    ho usato un piccolo prologo proprio di recente; come tutti gli strumenti, ci sono situazioni in cui è utile e altre in cui è dannoso...

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    1. Grazie Michele! Come sempre sei alla scrivania, bravo (secchione) :D
      Sono curiosa di sapere a che punto sei con le tue storie... hai lavorato sempre sulla stessa o sei già passato ad altro?
      PS: mi approfitto subito della tua onniscienza... secondo te, se io volessi salire su un treno e fare il giro del mondo, sarebbe possibile senza mai toccare acqua? Tipo con un tragitto Canada-Artico-Russia e Australia-Antartica-Argentina? (È per il libro... non è che lo voglio fare sul serio...) :D

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    2. Il secchione vero (google) dice di no :)

      per il resto ho riscritto il mio romanzo e sto terminando le ultime limature. poi mi riposerò e poi passerò ad altro.

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    3. Non puoi farti suggerire dal secchione senior! :D
      Bene che il romanzo è finito! Posso leggerlo?

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  4. Bentornata! :)
    Nella mia bozza iniziale c'è un prologo, ma sto valutando l'idea di trasformarlo in un capitolo 1, per una serie di ragioni che non sto a spiegare qui, altrimenti non sarebbe un commento ma un post ...
    In questo presunto prologo c'è già l'incidente scatenante. Prima che il protagonista lasci il suo mondo ordinario passerà ancora un po' di tempo, quindi avrò modo di sancire questo passaggio. Insomma, per ora mi sembra che così funzioni. In seguito, valuterò meglio la situazione. Non ci voglio rimuginare troppo, perché sono già fin troppo lenta così...
    Un abbraccio

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    1. Grazie Chiara, che bello rivederti!
      Fai bene a non rimuginarci troppo, conoscendoti ti fai domande a sufficienza anche da sola :D
      Hai continuato a scrivere durante l'estate? Ormai questa tua prima stesura sarà agli sgoccioli, no? Il tuo sarà il libro più atteso dei lit-blog.

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    2. No, purtroppo non è ancora agli sgoccioli, magari...
      Durante l'estate ho scritto pochissimo. I problemi al lavoro mi hanno fagocitato. Ora ho ripreso, e ho deciso di ridurre l'aggiornamento del blog per dedicarmi al romanzo. Sono troppo, troppo lenta... e la causa è solo della mancanza di tempo, che mi fa procedere a spizzichi e bocconi. :)

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  5. Ben ritrovata!
    Come sai, nel mio romanzo c'è un prologo che a mio avviso era necessario alla storia, ma non sempre reputo che sia così, per esempio in quello in corso d'opera non è previsto né l'ho pensato utile. Dipende.

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    1. Cara Marina, grazie di essere subito passata a trovarmi.
      Il tuo prologo lo ricordo bene, non se ne sentono molte in giro di storie del genere. Quando lo hai scritto, hai mai pensato che rivelare subito il mondo parallelo in cui avviene la storia potesse avere l'effetto opposto, cioè quello di allontanare il lettore dal personaggio? Avevi considerato l'idea di presentare il pseudo-mondo ordinario per far sì che il lettore tifasse per la protagonista, prima di rivelare il "matrix"?

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    2. La storia che volevo raccontare era dentro la realtà virtuale, tutti i colpi di scena e le verità nascoste nascono e si sviluppano lì; non volevo narrare due storie parallele, né era influente la vita del personaggio reale se non come pretesto per decidere di affidare il proprio capodanno a una biblioteca virtuale. Eppure realtà e finzione, a un certo punto... sai bene cosa accade! ;)

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    3. E invece ammetto che non lo so! Purtroppo mi sono arenata a metà storia, perché non provavo empatia con la protagonista. Adesso che mi dai un indizio di quel che potrebbe succedere però mi fai venire voglia di riprendere in mano il libro! Il tempismo non era dei migliori quando l'ho scaricato, e ho sempre avuto intenzione di finirlo in un periodo di calma... ti chiedo scusa per la confessione e spero che apprezzerai la sincerità come stimolo a migliorarci a vicenda come scrittrici.

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    4. No problem, Lisa! :)

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  6. Bello il tuo articolo. Il prologo? Mah, che dire? Dipende da tante variabili. A risentirci
    sinforosa

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    1. Grazie Miss Castoro. Sei pronta per un nuovo folgorante anno scolastico?
      A risentirci!

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  7. Bentornata Lisa!
    Sì io inserisco sempre un prologo nei miei romanzi, mi piace molto poter introdurre qualcosa che dia un'idea del protagonista. Un flash back, un pensiero o una breve azione. Di solito è dettato dal mio istinto, se funziona non te lo so dire...

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    1. Grazie Giulia Lù! Mi piace questa tua spontaneità nel lasciarti guidare dall'istinto. È quel che mi piace più fare, inventarmi mondi e personaggi strambi... peccato che poi arriva il momento della revisione, che di spontaneo ha ben poco e mi ha costretto a lasciare a metà il mio secondo tentativo di romanzo.

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  8. Bentornata! Mamma mia... inizi subito col botto. Devo ancora riprendermi dalle vacanze, ti spiace se lo rileggo con calma a ottobre? :D

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    1. Parli tu che ci hai sparato le regole grammaticali con 45 gradi all'ombra :D

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    2. ... e non ho mica finito. :D

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  9. Bentornata!
    C'è un piccolo prologo nel mio primo romanzo, ma direi che resterà un'eccezione perché non mi fanno impazzire. In quel caso non potevo fare diversamente, perché la scena ha un punto di vista diverso dal resto della storia e si colloca in un tempo anteriore. Direi che per i tuoi scopi (se ho ben capito non si pone al di fuori dal contesto) puoi anche non chiamarlo prologo!

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    1. Grazie ADC (sei quasi rock come gli AC/DC...)
      Quando un romanzo comincia con un paio di pagine senza titolo e poi si parte col Capitolo 1, si tratta di un prologo?
      Se non lo chiamo prologo come lo chiamo?

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    2. Ma perché non può chiamarsi capitolo 1? Nel secondo puoi sempre inserire la scritta "Dieci mesi prima..." come fanno gli sceneggiatori quando danno un assaggio di una scena futura e poi tornano indietro.

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    3. Perché sai che a me piace complicarmi la vita... :D
      Pensavo che magari esistesse un termine specifico per il prologo che non è proprio un prologo ma non è il classico capitolo 1.

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  10. Ciao Lisa, bentornata. Da lettore (e non da scrittore), il prologo è un qualcosa che mi piace, ma non sempre. Molto dipende dal tipo di storia che si sta leggendo. Personalmente, l'idea 2 (il personaggio memorabile) non mi attira, anche perchè siamo all'inizio e non so ancora identificare quel personaggio. la 1 può essere un'idea, ma deve essere strutturata bene, per esempio lasciando l'ultima frase aperta (classica situazione da dito sul grilletto e pistola puntata alla tempia); la 3 forse è la più semplice da usare. E tu, quale preferisci?

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    1. Ciao Stefano, grazie e bentrovato.
      Da lettrice preferisco la 2, perché a differenza tua il personaggio memorabile è ciò che più mi attrae nella storia.
      Da scrittrice però tendo a usare la 3, magari raccontando l'infanzia della protagonista, o anticipandone le cause della morte (naturale, non scrivo gialli...)

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  11. Bentornata! :)
    Nel primo fantasy che ho scritto ho fatto un prologo che, a distanza di tempo, mi annoia tantissimo. Nel fantascienza che sto cercando di scrivere, con pause lunghe e deleterie, ho iniziato in "medias res", ripartendo da capo con il secondo capitolo, anch'esso, comunque, già dentro la storia. Il secondo mi piace molto di più.
    Ora che mi sono data tutte queste arie, vado a nascondermi dietro la porta. :D

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    1. Grazie M.! Non nasconderti dietro la porta, sei già sufficientemente timida :D
      Chissà perché i capitoli centrali sono sempre molto più allettanti dei primi capitoli, uffa, bisognerebbe scrivere i libri partendo da metà!

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  12. Da lettore, ho sempre la tentazione di saltare il prologo a pie' pari. Da autore lo utilizzerei soltanto se fosse realmente funzionale alla storia.

    PS: bentornata!

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    1. Grazie Alessandro, bentornato a te! Allora è vero il detto "A watched pot never boils". Stavo sempre a controllare il tuo blog, e appena ho smesso hai ricominciato a postare :D
      Buono a sapersi, ci sei mancato!

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  13. A me il prologo piace, ma non deve essere uno stralcio dei capitoli centrali.
    Il prologo è il prologo, ha una sua funzione. Secondo bisogna considerare prima di tutto la sua effettiva utilità. E poi studiare il prologo dei grandi romanzi del passato (in quelli moderni mi è capitato pochissime volte di trovarlo).

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    1. Giusto, il prologo ha senso solo se è utile. Studiare i classici ha sempre il suo valore aggiunto.
      A volte secondo me funziona lo stralcio dai capitoli centrali, specialmente se il prologo presenta un personaggio che poi compare subito nel primo capitolo, ma pensa o agisce in modo totalmente diverso nelle due situazioni.
      In questo caso mi sento attirata verso la storia perché sono curiosa di sapere come questo personaggio sia cambiato così tanto e cosa possa averne mai causato un'evoluzione così radicale.

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  14. Buonasera, o buon mattino? Di fatto ci troviamo in due punti opposti del mondo, speculari e contrari. Ciò che qui è bianco, lì è nero. Qui c'è il mare, lì le vette innevate. Se non dico questo dhi legge non capirà. Questo per me è il prologo, per te è l'epilogo. Non si sa che cos'è. Per uno che sta in mezzo tra me e te, è un inizio in medias res.

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    1. Che filosofo... mi inchino davanti a questa perla di saggezza.
      Le vette innevate però tientele per te, che qui si fa ancora il bagno volentieri :D

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  15. Anche se ampiamente condivisibile, personalmente non sono d'accordo con questa frase: "l’autore deve fare in modo che il lettore si identifichi con il protagonista". Perché non può essere semplicemente attratto da quello che gli succede, senza provare per lui nemmeno troppa simpatia? :-)
    PS: non ti è mai capitato di immedesimarti in un protagonista dell'altro sesso? Gli esempi che fai sono tutti al femminile.

    Ciao!

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    1. Ciao Ryo,

      grazie per avermi fatto riflettere meglio su questo punto.
      Mi sento di risponderti che:
      - Non riesco a interessarmi a un personaggio che mi sta antipatico, a meno che l'autore me l'abbia prima fatto amare. Per esempio, ho dovuto abbandonare "Shantaram" perché il protagonista era troppo un pallone gonfiato.
      - Non mi identifico con protagonisti maschili, ma con le loro controparti femminili. Per esempio, quando leggo "Harry Potter" adoro ogni singolo personaggio, ma aspetto trepidante che compaia Luna Lovegood, con cui mi identifico, e vedo la storia dal suo punto di vista più di quanto io faccia con Hermione (che non mi somiglia) o Harry stesso.
      - Gli esempi sono tutti al femminile perché, come ho detto anche nel post, non mi sono basata su manuali di scrittura o consigli universali per questa riflessione ma solo sulla mia personale esperienza di scrittrice (e le mie protagoniste sono tutte giovani donne).

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    2. A questo proposito, non ti sembra che i personaggi femminili dei romanzi spesso siano davvero pochi? Non so se sia tutto per "colpa" dei generi che prediligo... :-?

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    3. Potrebbe davvero essere una qustione di generi, perché ripensando a quel che ho letto quest'anno ho scoperto un equlibrio quasi perfetto tra personaggi maschili e femminili. Alcune delle mie autrici preferiti scrivono praticamente sempre di donne: Isabel Allende, Marian Keyes, Cecelia Ahern, Tracy Chevalier sono tra queste.

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    4. Io invece mi sa che leggo troppi romanzi maschilisti :D
      In quello che sto scrivendo invece ho intenzione di rispettare le quote rosa (ma mi sa che sto già fallendo :-/ )

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    5. Per me sarebbe difficile scrivere di personaggi maschili... mi sentirei più insicura che mai. Non sforzarti troppo di rispettare le quote, non esiste nessuna regola che dica quanti personaggi devono essere dell'uno o dell'altro sesso!

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    6. Vero, proprio perché non ci sono regole mi son trovato dopo 50 pagine a non aver inserito nemmeno un personaggio del gentil sesso :D
      Nello scorso invece è andata diversamente: i due protagonisti erano maschio e femmina, così non ci ho dovuto pensar su più di tanto!

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  16. Ciao Lisa, bentornata! Spero che gli eventi pseudo-traumatizzanti siano molto... pseudo. :)
    Ho inserito un prologo nel mio primo romanzo, un fantasy, poi non mi è più capitato. Il caso di cui parli mi sembra molto adatto al prologo. Se invece devo dire quali prologhi preferisco in generale, sono quelli in cui intuisco molto e capisco poco. Curiosità più che introduzione, insomma. Comunque considero il prologo qualcosa da usare solo se non c'è un'altra via, perché non è facile renderlo interessante subito e non deludente retrospettivamente.

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    1. Grazie cara. Gli eventi sono poco pseudo ma nel grande schema delle cose non sono nemmeno considerabili eventi :D
      Anche a me piacciono i prologhi che non spiegano nulla ma lasciano intuire che mi piacerà quel che scopro pagina dopo pagina.
      Il rischio di creare un prologo deludente è da tenere ben presente, non ci avevo pensato... non c'è niente di peggio di un libro che promette bene e poi non regge le aspettative.

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  17. Ciao Lisa, bentornata, finalmente. ;)

    Se posso darti il mio piccolo parere utilizza il prologo solo se realmente funzionale alla storia. Utilizzarlo come escamotage per mascherare un’impostazione non ottimale non renderebbe.

    Invece cerca di anticipare l’incidente scatenante il prima possibile, a me piace chiamarlo ingaggio (l’ingaggio del lettore dentro la storia). Anche nella prima pagina o nell’incipit come tu stessa ben dicevi. Perché?

    Perché i lettori di oggi sono meno pazienti. Vanno di corsa, sono distratti da mille input, in primis il cellulare con notifiche whatsapp e simili. Molti lettori ormai scaricano un estratto dagli store online. Se occorre catturare il lettore, prima lo ingaggi e più possibilità hai di attirarlo dentro la storia. Ma capisco che quando un romanzo è delineato è difficile ogni modifica. Nel mio primo romanzo passato dall’editor, il mio ingaggio era troppo distante, 25 pagine. A modo mio volevo creare un’immersione del lettore nel personaggio fino al punto in cui la storia come si suol dire maccheronicamente decolla.

    Compresa la lezione ho rimesso il romanzo in una lunga revisione. Ma per fortuna ho cominciato a scrivere altri tre romanzi, contemporaneamente. Ottima palestra per affrontare trame e generi diversi.

    L’ingaggio in ogni romanzo, e mi è venuto naturale, l’ho fatto partire subito. In un romanzo uso addirittura il falso ingaggio. La storia comincia con un cecchino che inizia a sparare sulla folla. Il detective, quindi il lettore, hanno la necessità di individuare e catturare l’assassino, ma il cecchino è solo il preludio a qualcosa di più grande e terrificante. Soluzione ottimale perché permette quello che io chiamo il rilancio di posta.

    Anche se il mondo del romanzo è fuori dal comune, non ti preoccupare di descrivere tutto all’inizio per paura che non si capisca il contesto. Fidati del lettore. Il mondo puoi descriverlo con un rilascio graduale di informazioni. Soprattutto prova a mostrarlo con quel che accade ai protagonisti e con i dialoghi. In Hunger Games il rilascio di informazioni al lettore è proprio così.

    P.s. Certo, io da maschietto avevo i robot e capitan Harlock. Ma come scordarsi di Candy Candy, Georgie e la tenera Lovely Sara. ;)

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    1. Ciao Marco, scusa se ti rispondo con tanto ritardo, ma il tuo commento mi ha innescato un dubbio su "Hunger Games" e ho voluto rivedere l'inizio del film e rileggere l'incipit del primo libro.
      Nel libro Katniss va a caccia di primo mattino, poi torna e va con la sorella al sorteggio. Nel libro questa introduzione al mondo ordinario è stata tagliata, e Katniss e la sorella vanno direttamente verso l'incidente iniziale, cioè l'offerta volontaria di partecipare ai giochi di Katniss.
      Rispetto ai classici, ho l'impressione che i libri odierni tendano a somigliare sempre più agli "script" cinematografici, con ritmi più sostenuti, trame con intrecci saturi di eventi e scene forti a livello visivo.
      In questo contesto allora ha senso che la struttura a tre atti voglia l'incidente iniziale in prima battuta, mentre il mondo ordinario si può evincere da quel che si "vede" sullo sfondo, quindi inserendo descrizioni ad hoc nel corso dei primi capitoli.

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    2. Sì, c'è un'accelerazione dei ritmi.
      Il lettore investe tempo e pazienza. E quand'è che da lettori perdiamo la pazienza? Quando il libro non decolla.
      Non ho visto il film di Hunger Games, ma nel libro, la Collins è stata brava. Perché se guardi l'incipit, ci troviamo in una scena ordinaria non contestualizzata. Possiamo trovarci in una casa povera di fine ottocento per dire.
      Ma la Collins non aspetta di spiegarci dove siamo, che mondo è quello. Già alla seconda pagina, quinto paragrafo spara, un colpo solo.
      Butta all'improvviso: "La nostra parte del distretto 12 è detta giacimento."
      Qui il lettore si desta. Distretto 12? Cos'è? Cattura l'attenzione, già sta andando a parare a qualcosa che non sappiamo e che vogliamo conoscere.
      E facendo uscire di casa Katniss a poco a poco ci inoltra in quel mondo. Comprendiamo cosa è distretto 12, Capital city e gli Hunger Games. Alla fine del primo capitolo senza accorgersene il lettore è stato ingaggiato nella storia.
      Da quel momento vogliamo sapere cosa succede. Iniziamo a trepidare.

      Un'altra buona ragione per anticipare è l'estratto. Prima di comprare un libro, molti oggi scaricano prima l'estratto. Se quelle poche pagine non ci catturano, lasciamo perdere.
      Immagina chi ha scaricato l'anteprima di Hunger Games. Certi successi, nella fase iniziale si spiegano anche così.

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    3. Ad essere sincera, ho letto Hunger Games quando era già di successo, e leggendo le prime pagine ho storto comunque il naso. Questo giacimento del distretto 12 non mi ha incuriosito ma spaventato, e per fortuna non sapevo di che tipo di giochi si trattasse, o non l'avrei proprio comprato. Ricordo però che entro il primo capitolo ero già stata conquistata e ho letto l'intera trilogia in pochissimi giorni.
      Vorrei tanto trovare un altro libro che mi prenda così, è un periodo di magra, non mi soddisfa nessuna lettura!

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  18. Ciao Vittorio, grazie di essere passato a trovarmi. Passerò a trovarti sul tuo blog ogni tanto per vedere se hai postato qualcosa di nuovo!

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  19. L'uso del prologo va attentamente studiato o si rischia poi l'effetto Star Wars, che apppare un po' ridicolo. Dipende un po' da tipo e genere di romanzo.

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    1. Non so quale sia l'effetto Star Wars...

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    2. Puoi rimediare guardandosi l'inizio di guerre stellari... :)

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