16.12.15

L'arco della storia


Riprendiamo il discorso degli elementi base del romanzo e della differenza tra trama A, B e C. Per chi si fosse perso le puntate precedenti, potete facilmente mettervi in pari leggendo QUESTO POST.

Oggi vediamo lo snodo delle trame lungo l'arco della storia. Ci sono varie grafiche professionali disponibili su Internet, ma non sono identiche a quella che abbiamo usato al corso, quindi beccatevi questa chicca di tecnologia casalinga.




Darò per scontato che tutti sappiate cosa sia la struttura in tre atti.

Primo Atto 


BRUCE WAYNE È UN BAMBINO RICCO E FELICE COSTRETTO AD ASSISTERE ALL'OMICIDIO DEI PROPRI GENITORI

- Set up: introduciamo il mondo ordinario, introducendo dettagli che permettano al lettore di conoscere il protagonista e l'ambientazione spazio-temporale della storia. Possiamo raccontare una giornata qualunque del nostro eroe, facendolo interagire con la sua famiglia e amici, dicendo dove e quando l'azione si svolge e dando indizi sulla condizione socio-economica del personaggio. Se il narratore è in terza persona può esserci una descrizione fisica dell'eroe, invece se la storia è raccontata in prima persona si dovrà aspettare. A meno che vogliate usare uno degli stratagemmi che i manuali di scrittura sconsigliano in quanto abusati, come l'eroe che si sveglia e si descrive mentre si guarda allo specchio lavandosi i denti o il dialogo in cui l'amico consola l'eroe dicendogli che non è male come crede, con quegli occhi azzurri e i capelli color del grano.

- Definizione del tema: nelle prime venticinque pagine del romanzo standard, troveremo, nascosto tra le righe, il tema della storia. Se non lo sapevate, siete in buona compagnia. Questo stratagemma permette di dichiarare nero su bianco qual è il nostro intento, cosa intendiamo dimostrare con gli eventi che andremo a raccontare, qual è il punto dove vogliamo arrivare. Molti autori scelgono di essere più diretti e antepongono al testo una citazione o una poesia che evochino il tema del romanzo.

Inizia la trama A: succede qualcosa (l'incidente iniziale) che muove la storia. Si stratta del punto di rottura in cui il mondo ordinario non può più tornare come prima. Comincia il viaggio dell'eroe.

Secondo Atto - fino al punto di mezzo


BRUCE WAYNE DIVENTA BATMAN

- Iniziano le trame B e C: l'eroe rifiuta poi accetta il suo inevitabile ruolo nella storia. Se nel romanzo c'è la storia d'amore, questo è il momento di far incontrare i due piccioncini. Una volta scoccata la freccia, gettiamo le ali da Cupido e indossiamo il cappello da strega cattiva, pronti a dividere e martoriare con mille peripezie la coppietta innamorata, che solo all'ultimissima pagina finirà (o meno) per ritrovarsi.

- Promessa del genere: se non l'abbiamo ancora fatto, è ora di firmare il contratto con il lettore e scegliere un genere per la storia. Chi sia fantasy, rosa o noir, rimarrà tale fino alla fine. Mai scrivere un giallo nostrano per poi far sbarcare gli alieni al terzultimo capitolo.

- Punto di mezzo: l'eroe è pronto ad affrontare i nemici. L'evoluzione ha raggiunto il suo apice, per procedere è necessario confrontarsi con l'antagonista. Questo passaggio deve essere ben definito, puntualizzato, magari con un'azione memorabile: Katniss Everdeen entra nell'arena pronta per uccidere, Harry Potter bacia il boccino d'oro preparandosi a sacrificare la propria vita, Rossella O'Hara mangia la carota giurando che non patirà mai più la fame.

Secondo Atto - dopo il punto di mezzo


BATMAN LOTTA CONTRO I CATTIVI

- I cattivi si avvicinano: l'eroe lotta e soffre e tenta e ritenta, finché l'antagonista sferra un attacco vincente che fa sembrare impossibile la vittoria dei buoni.

- Tutto è perduto (whiff of death): l'eroe è a terra, depresso, umiliato, solo e abbandonato. La morte fa capolino dalla porta. Possiamo introdurre o meno questo "soffio della morte", se decidiamo di inserirlo possiamo farlo in vari modi. L'eroe è in pericolo di vita, pensa al suicidio, oppure muore un personaggio secondario a cui il lettore si è affezionato. La piccola Rue del distretto 11, Harry Potter stesso (anche se io ero più disperata per Fred Weasley), la piccola Diletta.

Terzo Atto


BATMAN SCONFIGGE I CATTIVI

- Nuova idea: è un nuovo giorno. Il passaggio al terzo atto è reso possibile da un nuovo piano, una speranza di resurrezione che dà una nuova energia alla storia. Il terzo atto è breve e intenso, ha un ritmo ferrato e accompagna l'eroe dalle stalle alle stelle. 

- Finale: la tensione sale e tutti i nodi vengono al pettine nel climax. Ogni sottotrama deve essere risolta prima dello scioglimento, tenendo per ultima la trama principale.

- Denouement: lo scioglimento, o elixir, consegna al lettore quel che gli abbiamo promesso alla firma del contratto. Non deve essere per forza un happy ending... "Dopotutto, domani è un altro giorno!"


7.12.15

Gli eventi pseudo-traumatizzanti


L'anno scorso di questi tempi stavo facendo la valigia per l'Italia, col prospetto di passare un bianco Natale con famiglia e amici.

Quest'anno, grazie alla simpatica burocrazia governativa americana, me ne devo stare buona e zitta in Canada, perché se lascio il paese c'è anche caso che non mi lascino più entrare. Ma come? Direte voi. Non eri tu quella che voleva viaggiare libera e felice, senza contratti né legami, realizzando il grande sogno di fare la turista per sempre? Ebbene sì, quella sono io, o almeno lo ero fino allo scorso luglio, quando, arrivata all'aeroporto di Vancouver, mi ritrovai tra le grinfie del famigerato ufficiale d'immigrazione (UI).  

UI: "Passaporto e permesso di soggiorno".

IO: "Ciao! Piacere di conoscerti! Come stai?"

UI: "Miss Agosti?"

IO: "Presente."

UI: "Miss Agosti, qual è il motivo della sua visita in Canada?"

IO: "Come ho già detto alla tua collega, il mio ragazzo è canadese, ci siamo incontrati in Honduras, facevamo sub, bla bla bla, ora viviamo sulla Sunshine Coast, non so se ci sei mai stato, è davvero splendido, ci sono i cerbiatti, gli orsi..."

UI: "Miss Agosti, lei vive in Canada?"

IO: "Vivo un po' ovunque, sai, amo viaggiare, come dico sempre, casa è dove è il mio spazzolino da denti".

UI: "Lei è residente?"

IO: "No."

UI: "Turista?"

IO: "No."

UI: "Ha un permesso di lavoro?"

IO: "No, te l'ho detto, sono una viaggiatrice."

UI: "Il computer non riconosce il suo stato. Lei ha un telefono?"

IO: "Eccolo... Quella è la foto di Curiosini, oh, e quello è Cretinetti, pensavo fosse femmina invece poi gli sono cresciute le corna... oh, e quello è la mia prima zucchina! Sai, è il primo anno che faccio l'orto."

UI: "Miss Agosti, chi è questo bambino nelle sue foto?"

IO: "È il mio cuginetto, il figlio di mia cugina, si chiama Gabriele ed è il bimbo più buono e bello del..."

UI: "Dove si trova questo bambino?"

IO: "In Italia? Con sua madre e suo padre?"

UI: "Me lo sta chiedendo?"

IO: "In Italia. Giuro. 
Ti farei leggere i messaggi tra me e mia cugina ma sono in italiano".

UI: "So leggere l'italiano. Sono figlio d'italiani."

Quest'uomo è bello, incazzato, pericoloso, e tiene il mio futuro tra le mani. Sono già un po' innamorata. I seguenti ottantacinque minuti passano con la lentezza delle condanne a morte, in cui Mister UI guarda TUTTE le mie mail, TUTTI i miei messaggi, TUTTE le applicazioni. 

Nel seguente ordine, vengo accusata di:

- Aver avuto un figlio clandestino (il mio cuginetto) e tenerlo nascosto nei boschi (il parco delle caprette a Reggio Emilia).

- Essere una prostituta arruolata per un paio di giorni di piacere a casa di un qualche riccone canadese (per fortuna i miei selfie col buon Neil lo convincono che di ricco, a casa nostra, abbiamo solo l'immaginazione). 

- Aver inserito droghe varie nei miei orifizi vari (se vi è mai capitato di vedere i programmi di real TV sulle dogane americane, saprete il panico che ho provato in quel momento. Figo per figo, ma le dita nel culo no, grazie).

Dopo avermi grigliato per bene (a parole, niente perquisizione), Mister UI mi prega di non piangere e gli spiego che non sto piangendo, è che dopo un giorno di volo, un Lorazepam per dormire e un'ora e mezzo di terzo grado, gli occhi mi stanno letteralmente uscendo dalle orbite. Finalmente compare il timbro e mi è concesso l'ingresso al paese, con la promessa e la minaccia di cominciare subito le pratiche per il permesso di soggiorno (Permanent Resident).

Qualche settimana dopo, più leggera di migliaia di dollari e milioni di bestemmie, TUTTi i duecentomila documenti necessari per la richiesta di visto sono pronti, e io e il buon Neil ci presentiamo al notaio per dire "I DO". Non iniziate coi gridolini e le congratulazioni... non siamo sposati... un minimo di libertà lasciatemela! Siamo diventati una coppia di fatto (common law) così che lui possa farmi da sponsor. 

Non facciamo in tempo a uscire dall'ufficio che sua madre telefona per avvisarci che la casa nuova non è pronta e verrà a stare da noi per QUALCHE settimana. Panico. Pensa a una scusa, pensa a una scusa, pensa a una scusa. Niente. Inutile ribellarsi. Ho voluto l'I DO, ora pedalo. 

Le tre settimane di convivenza con la suocera sarebbero un bel romanzo, prima o poi creerò un personaggio a lei ispirato, ce ne sono state delle belle. Non mi sembra corretto sparare a zero approfittando del fatto che non sa leggere l'italiano... anche se una piccola vendetta non guasterebbe. Vi basti sapere che si è presentata con due uccellini tropicali che le mangiavano dalla lingua e mi cagavano in testa, una ricetta del dottore per il massimo quantitativo legale di marijuana (un dosaggio adatto per un cavallo, forse) e una cassa di vino rosso economico da ventiquattro bottiglie (che è durata meno di una settimana. E no, noi non ne abbiamo bevuto).

Eccoli qui, gli eventi pseudo-traumatizzanti, ve ne ho parlato tanto e finalmente sono riuscita a metterli nero su bianco. Ce ne sarebbero altri, ovviamente, ma per ora devo concentrarmi sul sopravvivere alle feste. Cercherò di non farmi venire troppa nostalgia e tristezza, ma dalla mole di luci e regali che vedo già in giro credo che come minimo mi verrà un attacco d'allergia al consumismo!


Photo http://goo.gl/Zl1Bg5

2.12.15

I miei "voglio" e "non voglio"

Tenar ha pubblicato "Ciò che siamo, ciò che non vogliamo" e Chiara lo ha trasformato in un meme, "I vorrei della mia scrittura". 

Mescolando entrambe le idee, ecco la mia lista di "voglio" e "non voglio".

1. Non voglio che la mia scrittura diventi un obbligo, anche se voglio obbligarmi a scrivere. 

Sono fiera del ritmo sostenuto con cui sto procedendo col mio romanzo, NTS. Sono quattro mesi che scrivo ogni mattina, tranne poche eccezioni, indipendenti dalla mia volontà. Ho avuto qualche problema a mantenere l'impegno preso, perché ovviamente le rinunce sono tante, ma finora ce l'ho fatta. Mi alzo, accendo la stufa, faccio il caffè, scrivo. Niente telefono, mail o scuse. Conto di proseguire in questo modo fino alla fine della revisione, se posso. Detto ciò, non vorrei mai arrivare al punto di sedermi al computer per forza, senza trarne nessun piacere. La scrittura è la mia passione, un hobby, non una costrizione. Di quelle, nella vita, ce n'è già in esubero.

2. Non voglio rimanere legata a un genere, anche se ricominciare daccapo ogni volta fa paura.

Se e quando finirò mai NTS, vorrei scrivere qualcosa di tutt'altro genere. Ho in mente una fiaba, un mistero dai toni grotteschi incentrato sulla tecnologia e un romanzo psicologico ironico. L'idea di ripartire daccapo e imparare le regole specifiche di nuovi generi mi fa venire voglia di rimanere nel campo in cui mi trovo, il romanzo mainstream, non di genere, che non ha regole precise se non quelle classiche della struttura a tre atti. Spero che saprò cacciare la pigrizia quando sarà il momento, perché un vero scrittore si cimenta in qualsiasi capriccio della propria immaginazione. Come dico sempre, siamo solo umili servitori.

3. Voglio scrivere arte vendibile.

Parlando con altri blogger di letteratura come arte piuttosto che prodotto commerciabile sono arrivata alla conclusione che vorrei scrivere arte vendibile. Arte, nel senso che vorrei che il mio stile e il ritmo della mia narrazione facesse volare la fantasia del lettore mentre viene cullato dalla scelta opinata di ogni parola del testo. Vendibile, nel senso che vorrei che il testo fosse accessibile ai più e non solo a un ristretto pubblico intellettualoide e autoreferenziale. Se mantenere un registro medio-basso di vocabolario e aggiungere una storia d'amore emozionante può aiutarmi ad essere letta e apprezzata, ben venga. Vorrei che il mio romanzo fosse un buon regalo di Natale, piuttosto che un pezzo da museo.

4. Voglio che il mio romanzo sia il segnale che il lettore stava aspettando.

Nella vita reale, conosco molte donne che passano le giornate come la mia protagonista, a preoccuparsi di piccolezze inutili. Crescono in una realtà provinciale, o nel caos di una megalopoli, ossessionate dal giudizio degli altri, con valori mediocri. Vivono in una conchiglia chiusa. Possono essere perle scintillanti, perfette, preziose finché vuoi, ma non sapranno mai che esiste il mare. 
Il messaggio che cerco di passare col mio romanzo è: "guarda, questa sei tu, questa è la vita che ti aspetta, a meno che tu prenda coscienza della tua prigionia e rinunci alla comodità e a un'apparente sicurezza per scoprire qual è il tuo vero posto nel mondo. Vai e fai. Andrà tutto bene".

A questo punto, mi faccio polemica da sola. Senza fare nomi, recentemente è stata assassinata una bellissima ragazza che era partita dall'Italia per aiutare il prossimo. È terribile. È innegabile. Era meglio se stava a casa? Probabilmente sì.
Non sto nemmeno dicendo che tutte adesso dobbiamo alzarci domattina e metterci a gridare "andateaffanculo", smettere di depilarci e andare in giro nude per strada. Ci sono moltissime donne che si svegliano ogni giorno nel paese in cui sono nate e sono a loro agio come aghi su un pino. Buon per loro. 

Il mio romanzo si rivolge invece a quel centinaio di donne che ho incontrato lungo la strada e si sono confidate con me, con le stelle negli occhi, dicendo "quanto vorrei avere il coraggio di fare quel che hai fatto tu". Ecco, il mio libro è per loro, è il segnale che stavano aspettando, è il manuale delle non più tanto giovani marmotte.

E gli uomini? Gli uomini apprezzeranno il mio libro perché è bello, tranne quelli che sono abbastanza ricettivi da capire che il messaggio vale per tutti.

A proposito di segnali e oracoli divinatori, l'altro giorno è uscito un po' di sole e mi sono fiondata subito in spiaggia. Mentre stavo a occhi chiusi, ponderando quel che mi attende in futuro, ho sentito qualcosa muoversi contro le mie gambe. Per poco non mi veniva un infarto. Il mio nuovo amico era un gattone pelosone, che mi è salito in braccio per farsi fare le coccole (e i selfie). Al collo aveva un collare con la targhetta a forma di cuore rosso con nome e numero di telefono... Vi presento Hemingway!