31.8.15

Perché inserire un prologo al romanzo?


Bentrovati!

Per chi è già tornato dalle vacanze e si è rimesso alla scrivania, oggi vorrei proporre una riflessione sul significato del prologo in relazione al primo atto della storia.

Facciamo un breve riassunto per chi, come me, è ancora alle prime armi in materia di scrittura e sta riempiendo la sua cassetta degli attrezzi, giorno dopo giorno.

Ogni pezzo di fiction è composto da una struttura suddivisibile in tre atti:

- il primo atto introduce i personaggi principali e delinea il conflitto che causerà il susseguirsi degli eventi che compongono la trama.

- il secondo atto sviluppa la trama, accompagnando il lettore tra le varie peripezie affrontate dal protagonista.

- il terzo atto risolve il conflitto e porta la storia al suo finale.

Concentriamoci ora sul primo atto: l’autore deve fare in modo che il lettore si identifichi con il protagonista, in modo che continui a voltare pagina e si decida a comprare il libro. Quali sono gli strumenti a sua disposizione? Per rispondere non farò riferimento ai manuali di scrittura, ma solo alle storie che ho letto e scritto finora, quindi a una manciata di esempi che non pretendono di esaurire l’argomento. Vi avviso anche che io sono donna, e le mie protagoniste sono femmine, per cui questa sezione soffrirà, volente o nolente, di un bias di genere, causato dalle mie preferenze personali. Nonostante ciò, anche uno scrittore di sesso maschile potrebbe interessarsi alle mie riflessioni, se non altro come strumento per capire meglio come attirare un pubblico femminile.

Come lettrice, mi identifico col personaggio se:

- La protagonista è tutto ciò che vorrei essere: bella, ricca, libera e felice. Leggere la sua storia mi permette di sognare a occhi aperti. Tifo per lei perché tramite i suoi occhi posso sognare una vita che altrimenti non avrei mai. Tanto per capirci, sto parlando di quella sfondata di Cenerentola, che si è aggiudicata il principe solo perché di piede era una taglia 34.

Mandata in collegio, finisce per farne
la sguattera - il mio mito - Lovely Sara



- La protagonista è la sfiga fatta persona: povera, maltrattata, abusata e però perennemente ottimista. La guerriera ingenua continuamente perseguitata dal mondo crudele mi costringe a tifare per lei perché fino a un minuto fa non pensavo possibile che qualcuno avesse più problemi di me. Se ce la fa lei, allora devo farcela anch’io, e quando chiudo il libro e torno ad affrontare le rotture di scatole quotidiane penso: “Almeno io non sono stata venduta schiava dai miei genitori” e mi consolo. La mia generazione (1978) è stata cresciuta a merendine e cartoni giapponesi, per cui gli esempi si sprecano: Candy Candy e Georgie sono sempre sul podio, ma la mia preferita era e rimarrà sempre Lovely Sara.




- Il mondo della protagonista è fuori dal comune, in un modo che rende anche la donna più insipida un argomento di lettura interessante. Un personaggio medio, standard, una persona comune che più comune non si può, inserita in un contesto paradossale o pirotecnico, può accompagnarmi passo dopo passo lungo una serie di eventi che diventano credibili proprio perché le sue reazioni alle assurdità che le capitano sono le stesse che avrei io. È il caso di Katniss Everdeen di Hunger Games, un'adolescente che vorrebbe solo essere lasciata in pace e che invece si trova costretta a offrirsi volontaria in un gioco al massacro. 

In questa terza opzione, è importante che l'ambientazione non lasci scelta al personaggio: se fosse nata a Reggio Emilia anziché nel distretto 12 di Panem, Katniss farebbe tiro con l’arco ogni martedì dalle 18.30 alle 19.30 al campo della Canalina, e magari a fine anno si qualificherebbe per le gare regionali. Fine dei giochi.

Applichiamo ora la struttura a tre atti a una fiction appartenente a quest'ultima categoria, e cominciamo a scrivere il primo atto.

Il primo atto presenta il mondo ordinario della protagonista, la sua vita abitudinaria, così com’è prima che venga spezzata dall’incidente iniziale, cioè l’evento da cui si dipanerà tutta la storia. Seguendo le direttive dei manuali di scrittura e secondo i miei calcoli, in un romanzo standard questa parte della storia occupa le prime venticinque pagine del libro. Ora provate a immaginarvi di andare in libreria, aprire un romanzo con un buon titolo e una buona copertina, e cominciare a leggiucchiarne le prime pagine. Katniss si alza… fa colazione con la sorellina… va a scuola… va al corso di tiro con l’arco. Comprereste un libro del genere? No. Nemmeno io. (Se avete risposto sì, state mentendo a voi stessi, oppure vi sto antipatica e volete darmi torto per forza).
Sono andata a rileggermi una ventina di romanzi che ho tenuto sul Kindle perché mi piacciono particolarmente, e ho notato che praticamente sempre l’incidente iniziale appare entro la decima pagina, spesso anche prima, addirittura capita che il patatrac corrisponda con la prima riga dell’incipit. 

Non sempre però si può partire andando dritti al punto, e qui arriviamo al perché della mia riflessione. La nuova storia che sto scrivendo, chiamiamola “V”, è ambientata in un mondo fiabesco, ma non troppo dissimile dal buon vecchio pianeta Terra. Immaginatevi un’ambientazione alla Miyazaki, per intenderci. 

Kiki's delivery service - regia di Hayao Miyazaki

L’introduzione del mondo ordinario della protagonista è importante ai fini della storia, non posso tagliarla e passare direttamente all’incidente iniziale, perché tale evento ha senso solo nel mondo surreale che voglio introdurre. 
Come posso tenere sveglio il lettore per venticinque pagine senza introdurre alcuna azione, ma semplicemente descrivendo la routine della protagonista in questo mondo quasi terreno?

Ecco che il prologo viene in mio aiuto. In poche frasi scelte ad hoc posso dire al lettore: “Guarda, mi dispiace, devo chiederti di portare pazienza e venire con me a fare un giro turistico dell'area dove siamo prima che io possa dirti cosa sta succedendo, però ti prometto che non ti annoierai, e per provartelo, eccoti un assaggio”.

Posso anteporre una paginetta di prologo al primo capitolo. Che contenuto scelgo di scrivere?

- Uno stralcio tratto da uno dei capitoli centrali, in cui si capta il ritmo emozionante e avventuroso della trama che seguirà.

- Un'introduzione a un personaggio memorabile, che costringa il lettore ad amarlo o odiarlo al punto di volare oltre le prime venticinque pagine pur di sapere cosa combinerà.

- Un flashback o un flashforward che faccia sentire il lettore partecipe alla storia, dandogli l'illusione di sapere più dei personaggi stessi su quel che ha li portati fino a quel punto o su quel che ne sarà di loro alla fine dei conti.

L'angolo del follower


Vi piace l'idea di aprire un romanzo con un prologo?
Usate questa tecnica nelle vostre storie?
Quali contenuti inserireste per ottimizzare lo scopo del prologo?

PS: scusate se non ho mai risposto ai vostri auguri di buone vacanze ma ero in montagna senza WI-FI! (E al ritorno sono stata travolta da eventi pseudo-traumatizzanti di cui vi racconterò per riderne insieme nelle prossime puntate...)