27.1.15

NUMERO ZERO di UMBERTO ECO




Pensavo di aver trovato il libro più bello del 2015, la sera di inizio anno in cui ho acceso la TV e sono incappata per caso nel Professor Umberto Eco che presentava il suo nuovo romanzo al programma "Che tempo che fa". La delusione è stata cocente, e con questa recensione spero di farvi risparmiare i 9,99 Euro che ho sprecato per comprare la versione digitale di Numero Zero.




Se i soldi sono irrecuperabili, non è detto che lo debba essere anche il tempo speso per questa lettura. Si può imparare dai bei libri, ma come si sa, si può imparare ancora di più da quelli brutti. Ecco dunque i motivi per cui non mi è piaciuto questo libro:

1) I personaggi sono insipidi, sfocati e TUTTI antipatici. Il protagonista è un giornalista fallito senza spina dorsale né valori di vita che accetta un lavoro sporco senza troppo preoccuparsi del se o del perché. Il suo capo è un uomo di lettere di cui si scoprono solo i bassi valori morali. La sua ragazza è una ragazza qualunque di cui non si sa nulla se non che l'attrazione tra lei e il protagonista nasce senza motivo apparente e non ispira dolcezza né passione. 

2) La trama è ridicola, inverosimile e noiosa. I personaggi si muovono tra tre ambienti mal descritti e i loro spostamenti sono solo scuse per farli parlare di ciò che pare essere il vero intento dell'autore, cioè sfogare il suo astio verso il mondo del giornalismo, come se fosse giunta l'ora di levarsi il dente e rivelare tutte le bassezze e le viltà di tale professione.

3) Il lettore ideale è un intellettuale inverosimilmente colto in grado di capire la moltitudine di riferimenti storici e artistici inseriti qua a là senza necessità apparente.

4) Parallelamente alla storia principale, un personaggio secondario racconta a puntate una teoria complicatissima di un complotto (SPOILER ALERT) secondo cui la morte di Mussolini non sia avvenuta come ci raccontano i libri di storia. Anche in questo caso, i riferimenti agli eventi storici sono talmente minuziosi e  abbondanti che per otto giorni mi sono addormentata sullo stesso paragrafo.

Vorrei invitarvi a criticare la mia recensione, se avete letto il romanzo e lo avete trovato piacevole. Ho letto qualche commento a caldo per curiosità, speravo che qualcuno riuscisse a convincermi di aver torto, in fondo sono cresciuta col mito de "Il nome della rosa" e mi sento male all'idea di criticare il Professore. Forse sono snob a permettermi di giudicare un pilastro della letteratura italiana, sarete voi a dirmelo.
Vi lascio con la recensione che ho trovato più azzeccata, seppur concisa. È tratta dal sito libernazione.it, e dice:


RECENSIONE: "Ma perché? Cazzo, perché?"




21.1.15

Rosso





Non ho ricevuto la giacca della Collix a Natale. Subito ho creduto che fosse uno scherzo, una delle stupide idee ignoranti di mio padre, che si crede divertente e non ha ancora capito che è solo patetico, a nascondermi i regali per vedermi supplicare. La sera della vigilia ho visto che sotto all’albero nessuno dei pacchi col mio nome aveva la forma giusta per essere una Collix. Ho respirato a fondo e mi sono ripromessa di non rovinare la serata, a scuola si sono raccomandati di non prendercela per le piccole cose, di provare a essere forti, che tutto passa e dopo si è più contenti di esser rimasti calmi. Bisogna essere come il saggio cinese che siede sulla riva del fiume in attesa che passi il cadavere del suo nemico. L’ha detto la Frattini, la Prof di Filosofia, che spiega camminando avanti e indietro, con le mani sempre in agitazione. A volte vorrei che fosse lei mia madre, mi incanto a guardarla, ha i capelli da sirena e si mette gli orecchini etnici. Anche se è vecchia si capisce che da giovane doveva essere una in gamba, si veste coi jeans scoloriti e gli stivali di Minx&Co. Petrelli ha detto che mentre comprava i regali coi suoi genitori al Canfort ha incontrato la Frattini che si provava una tuta da sci, e a vederla ridere dentro quei pantaloni aderenti si è innamorato. Lo abbiamo schifato tutti, ma lui si è difeso dicendo che la Frattini è diversa, "non è come le altre Prof che avranno tipo quarant’anni per gamba, lei ne ha meno di trenta" e a quanto pare fino a trent’anni le donne sono considerate passabili.
Mi sono seduta a tavola e ho ingoiato qualche boccata di salmone per far contenta mia madre, così se avessi chiesto di poter uscire dopo cena non avrebbe fatto storie. Sono tornata alle cinque e avevo ancora la bocca impastata di sonno durante il pranzo natalizio, non riuscivo a ingoiare, mia zia continuava a rompere perché assaggiassi questo e quello ma i miei tacevano e mi lasciavano stare. Il loro comportamento mi ha confermato che la giacca della Collix non era arrivata. 
Ho pensato che l’avessero ordinata troppo tardi, che forse le consegne erano state ritardate dalla mole di ordini in entrata. Tutte le femmine della mia classe l’hanno messa nella lista dei regali. Dopo pranzo ho aperto i pacchetti senza far commenti e ho addirittura ringraziato mia zia che mi ha preso un tablet di una marca sconosciuta. Le avrei sputato in faccia, non crederà che vada in giro con una mostruosità simile. Mia madre ha visto il mio orrore e ha sgranato gli occhi. Mi ha guardato supplicante, temeva che facessi una scenata. Si è messa a parlare velocissima e cambiar discorso mentre io deglutivo la rabbia e la vergogna. Scartati tutti i regali, finalmente i miei parenti si sono scordati di me e di mio fratello, hanno cominciato a discutere di tasse e di politica. Sono andata in camera mia e ho preso il pennarello. Ho tolto il tappo con la bocca mentre mi arrotolavo la manica e poi ho premuto con tutte le mie forze la punta sul polso, guardando la macchia d’inchiostro rossa espandersi mentre disegnavo una linea orizzontale. La punta fredda e umida mi ha dato un brivido. Ho sentito i passi impercettibili di mia madre fuori dalla porta, ma sapevo che non sarebbe entrata. Il dottor Sandelli si è raccomandato di lasciarmi sola mentre mi taglio. Quando mi sono calmata ho messo via il pennarello e mi sono sdraiata sul letto, mia madre allora ha bussato e si è seduta al mio capezzale, accarezzandomi la fronte.
"Sei tutta sudata, vuoi un po’ d’acqua?"
"No"
"Mi dispiace per il tablet, sai la zia non sa molto di quell…"
"Poteva chiedertelo"
"Forse non pensava che ce l’avessi già, potrebbero averla consigl…"
"Chi cazzo esiste al mondo che non ha il tablet?"
"Non dire così, Tiff, lo sai che ci sono tanti ragazzi che non se lo possono neanche sognare un regalo del genere"
Non ho più detto nulla e l’ho odiata, li ho odiati tutti. Ho capito che la giacca non l’avevano neanche ordinata, avevano dato retta a Sandelli. 

L’ultima volta che mi hanno ricoverato c’era questo nuovo medico, il Dottor Gianmarco Sandelli, uno psicoterapeuta giovane, con la coda bassa e gli occhiali hipster. È stato lui che mi ha insegnato a tagliarmi col pennarello rosso invece di usare il rasoio o i pezzi di vetro rotto. Mi ha parlato come se fossimo alla pari, come due adulti intelligenti che discutono. Mi ha offerto un caffè alla macchinetta e mi ha spiegato che il mio cervello associa il dolore del taglio allo sfogo delle tensioni. A lungo andare però si è creato un collegamento nella mia testa tra il gesto e il dolore, per cui per sfogarmi sarebbe bastata la sola vista del colore del sangue. Non gli avevo dato credito sul momento, invece tagliarmi col pennarello mi calma quasi sempre. Se invece non è sufficiente, vado alla fermata dell'autobus. Seduta così, al freddo, mi si paralizzano i pensieri, i piedi si congelano e devo concentrarmi per resistere alla tentazione di muoverli. Ci passo anche quattro o cinque ore, ci sto fino alle prime luci dell’alba, mentre i miei genitori mi credono a far la cretina coi miei compagni di classe. Se invece mia madre va in crisi e non mi lascia uscire, per paura che mi metta in pericolo, ho scoperto che posso masticare il ghiaccio dal freezer, mi sono fatta crescere le unghie per raschiarne pezzi più grossi senza usar coltelli e far troppo rumore in cucina. I miei genitori sono contenti di vedere che le cicatrici sui polsi cominciano a farsi più rosee e le dita non sanguinano più dal tanto rosicchiarsi le unghie. 

Il dottor Sandelli ha parlato anche ai miei, davanti a me, ma come se io non fossi lì, dicendo che "per il bene di Tiffany non è il caso di dargliela sempre vinta", e ha consigliato di non farmi regali troppo costosi e di non cedere ai miei scoppi d'ira. 
Li odio tutti. Non posso presentarmi a scuola senza la giacca della Collix. Preferirei essere rapita e tenuta chiusa in una stanza a vita. Preferirei essere picchiata, strangolata e buttata in mare. Preferirei che mi imbottissero di esplosivi e mi facessero detonare in piazza. Invidio chiunque non dovrà svegliarsi domattina.

15.1.15

L'ultima fuggitiva di Tracy Chevalier


Non mi considero un giudice imparziale quando si tratta di Tracy Chevalier, che è sicuramente tra le mie scrittrici preferiti. Addirittura la metterei nella Top 5, tra gli autori che seguo religiosamente. Da quando è uscito La ragazza con l’orecchino di perla nel 1999 ho atteso con ansia e divorato ogni nuova uscita, anche se il mio preferito in assoluto è il romanzo d’esordio della Chevalier, La vergine azzurra (1997). 
Se dovessi spiegare cosa mi piace di questo autore, parlerei della sua unica abilità nel prendere un argomento qualsiasi, vivisezionarlo fin nei minimi dettagli, darlo in pasto a un personaggio femminile di un’epoca passata e in questo modo dar vita a una storia irresistibile. 
Gli argomenti scelti e studiati dalla Chevalier sono tutto fuorché comuni, spaziando dagli arazzi ai fossili marini al poeta William Blake. Le descrizioni sono sempre minuziose e inspiegabilmente accattivanti, anche per me che non tollero lunghe descrizioni. La magia della Chevalier sta nella sua firma, inconfondibile e irripetibile, ritrovabile nella sua ultima creazione, L'ultima fuggitiva (2013).

La trama


Honor Bright, giovane ragazza appartenente alla Comunità dei Quaccheri di Inghilterra, nel 1850 prende la nave per raggiungere l’America, trovandosi in balia degli eventi, della natura ancora selvaggia dell’Ohio e di passioni inespresse e impossibili per quei tempi. Non solo conoscere Honor ci guiderà alla scoperta delle tradizioni quacchere, in particolare la cura della casa, delle fattorie, delle mercerie e la tradizionale cucitura delle trapunte, ma ci insegnerà anche le relazioni tra i bianchi immigrati e gli schiavi neri in fuga verso il Canada per la libertà. Honor vorrebbe aiutare i clandestini, forse perché si sente lei stessa prigioniera in una terra lontana da casa.

L’autore


Tracy Chevalier (1962) ha la doppia cittadinanza americana e britannica. Questo è il suo settimo romanzo e ricalca i luoghi della sua infanzia in Ohio e l’Inghilterra dove vive con suo marito e figlio.

L'angolo del follower


Se avete letto i romanzi di Tracy Chevalier, cosa ne pensate? Vi sono piaciuti? Quale pensate sia l'ingrediente magico di cui parlano le recensioni di questo autore? 

Vorrei anche chiedere un consiglio agli esperti: se avete esperienza nel campo della letteratura storica, cosa consigliereste a un principiante per riuscire a conoscere un'epoca in modo così dettagliato e preciso da poterne ricavare un romanzo? Quali sono le fonti più attendibili? 

Immagino che non sia facile identificarsi con un personaggio del passato e rimanere abbastanza concentrati da esser certi di non aver fatto qualche errore madornale, come il classico orologio da polso indosso al centurione romano in un vecchio film italiano. Quanto tempo ed impegno sono necessari per potersi chiamare esperti di un periodo storico? 


9.1.15

Il collezionista di matite - di Lisa Agosti



Paziente: "Dottore, voglio fare lo scrittore, ma temo la concorrenza. Da quando sono bambino ho sempre creduto che da grande avrei scritto libri di successo, ma ora mi accorgo che ci sono romanzieri dappertutto, ci sono più scrittori che lettori!"

Terapeuta: "Capisco, hai paura di perderti nella massa, di disumanizzarti, di sentirti inutile. Hai paura di perdere il tuo senso d'identità. Se ciò che scrivi non dovesse essere letto, perderesti il tuo valore come persona, come individuo. Hai paura di impegnarti in un progetto solo per scoprire che non sei bravo, che non hai talento, che non c'è nulla di nuovo, di non detto, da comunicare. Ti sentiresti solo, inutile, cominceresti a bere, finiresti abbandonato dalla tua famiglia, moriresti reietto e nessuno verrebbe al tuo funerale"

Paziente: "Dottore, così mi spaventa! Io ho solo paura che quel che scrivo non sia abbastanza interessante o divertente. Ho un blog, sa, sto scrivendo un romanzo, ma ci vuole tanto tempo, tanto impegno, e quando leggo libri di autori famosi mi butto giù, penso che non riuscirò mai a scrivere qualcosa di altrettanto buono"

Terapeuta: "Capisco, hai l'ansia da prestazione. È il complesso d'Edipo, che causa nel tuo inconscio un senso d'inferiorità, ti blocca e ti impedisce di esprimerti liberamente. In realtà, quel che vorresti è uccidere tuo padre e andare a letto con tua madre"

Paziente: "Ma dottore sono una donna!"

Terapeuta: "Certo, certo, se lo dici tu
 Devo essermi confuso per via dei, ehm, baffi Per caso sei omosessuale? Bisessuale? Hai cambiato genere?”

Paziente: "No, ho avuto un paio di inciuci con una ragazza ai tempi della scuola, ma non credo di essere bisex. Voglio dire, mi piace il pene!"

Terapeuta: "Allora è ovvio, hai l'invidia del pene. Potrebbe trattarsi di una regressione anale. Sei una persona ordinata? Metodica? Collezioni oggetti?"

Paziente: "Sono sempre stato un appassionato di matite, ne compro una da portarmi a casa ogni volta che vado in viaggio. Mi piace scoprirne i colori, il tratto, la morbidezza. Fare la punta alle matite è rilassante, le uso fino a consumarle completamente"

Terapeuta: "Ecco, vedi? La matita rappresenta un simbolo fallico. Se la usassi per scrivere ne eiaculerebbero i tuoi desideri, perversi, irrefrenabili e spaventosi. Quindi ti senti costretto a tenere il tutto chiuso sotto chiave, nell’inconscio. La matita rappresenta il peccato"

Paziente: "No, dottore, non ha visto le vignette? La matita adesso rappresenta la lotta al terrorismo"

Terapeuta: "La matita come arma? Interessante, soffri di allucinazioni uditive? Deliri di potere? Senti delle voci che ti comandano insistentemente quel che devi fare e pensare?"

Paziente: "No, difendo solo la libertà d’espressione, ma sono pacifista"

Terapeuta: "Ma dentro di te la lotta è già in atto. Il tuo inconscio lotta per essere liberato dal giogo del Super Io. Devi abbandonarti alle tue pulsioni. Lascia che il tuo Ego spezzi le catene delle aspettative sociali inculcate dalla famiglia d'origine durante la tua infanzia!"

Paziente: "E come posso fare per liberare il mio Ego?"

Terapeuta: "Fai qualcosa che ti piace, che ti aiuta a sfogarti. Non so, cosa ti piace fare? Correre? Disegnare?"

Paziente: "Beh, veramente no. L'unica cosa che mi piace fare è scrivere"

Terapeuta: "Perfetto! Scrivi, inventati dei personaggi e lascia che interagiscano tra di loro in una storia fantastica. Vedrai che sarà catartico, permetterà al tuo inconscio di esprimersi. Ogni personaggio rispecchierà una caratteristica della tua persona e la loro interazione ti aiuterà a incasellare le tue esperienze, sedando le tue paure, dissipando le tue fobie"

Paziente: "Ma la mia paura è proprio quella di scrivere!"


Terapeuta: "Mi dispiace, ma il tempo a nostra disposizione è finito per oggi. Sono duecentocinquanta Euro, non ti serve la fattura, no?"



3.1.15

Dammi tre parole


Quest'anno scrivere i propositi per l'anno nuovo non è stato facile. Invece del solito: "basta cioccolata, basta sigarette, basta cazzate" mi ritrovo a dover guardare bene, a fondo, dentro di me. E questo non solo per colpa del mio stomaco acciaccato che mi costringe a una vita di tisane al finocchio e riso in bianco. La colpa è anche di Daniele Imperi, che ispirato da Chris Brogan ha lanciato il meme Tre parole per il 2015. Le regole sono semplici: scegliere tre parole che rappresentino i nostri obiettivi a breve termine nella vita, come persone e come scrittori. Per facilitarci il compito, si può scegliere la prima parola in funzione dei propri desideri, la seconda pensando ai propri amici e familiari e la terza in relazione alla propria attività lavorativa. Spero vorrete partecipare lasciando le vostre tre parole nei commenti o sui vostri blog.


Dammi tre parole



1) Sole: dopo dodici anni in giro per il mondo, senza fissa dimora, ho iniziato a sentirmi dissociata, dispersa, come se avessi lasciato un pezzetto di me in ogni Paese che ho visitato. Nella mia mente i ricordi e le lingue si mescolano rendendo difficile concentrarmi su dove sono e dove sto andando. Nel 2014 mi sono impegnata a ritrovarmi e sono contenta dei risultati ottenuti, ma devo ancora imparare a stare ferma in un posto senza soffrirne. La verità è che se fosse per me sarei ancora in giro e certi giorni sento sulle spalle tutto il peso delle vite che non sto vivendo. Il mio proposito per il 2015 è di centrare la mente e il corpo, di riunirli in un sole luminoso nel mio petto, da cui poter irradiare calore ed energie.

2) Cuore: non ho fratelli o sorelle, per cui i miei amici sono la mia famiglia tanto quanto mamma e papà. Non basta un mare a dividermi dai miei affetti, ovunque essi siano dislocati. Come ogni anno, il mio proposito è di fare il più possibile per far sentire ai miei cari che li porto sempre con me, nel mio cuore. Se poi vorranno smetterla di figliare come conigli e ricominciare a viaggiare, sarà un po' più semplice incontrarci!

3) Amore: amo i libri, come li amate voi. Si tratta di un amore incondizionato, travolgente, malato. Soffro quando non posso leggere o scrivere, ogni cosa che faccio che non abbia a che fare con la parola scritta mi agita, come una perdita di tempo. A volte leggo di nascosto in momenti inopportuni e quando sento qualcuno che si avvicina faccio finta di essere impegnata in altro. (Lo so che lo fate anche voi, è inutile negarlo). Quest'anno voglio lasciarmi conquistare da questa passione, abbandonarmi ai libri, dormirci insieme, sbrodolarmi mentre mangio per salvare la pagina dal sugo. Voglio scrivere il libro che avrei voluto leggere e che non è mai stato scritto. Voglio ridere sguaiatamente immersa in una vasca da bagno stracolma di lettere dell'alfabeto profumate. Voglio spendere tutti i soldi che non ho in software di scrittura e libri digitali. Voglio gridare al mondo il mio amore e lasciare che si libri nel vento.



Come dite? Le mie tre parole le aveva già dette qualcun altro? Ma figurati, chi farebbe successo con sole, cuore, amore? La gente non è mica stupida!