20.3.16

AAA settantenne cercasi


La nascita di un personaggio


Chi scrive fiction sa quanto sia eccitante creare un nuovo personaggio. Se lo si inventa di sana pianta, nella mente iniziano a formarsi pochi, decisivi tratti del carattere, racchiusi in un corpo qualunque, di cui vediamo solo qualche lineamento sfocato. 

È uomo, basso, magro, italiano, anziano, furbo, impaziente, pericoloso.

Quando inseriamo il personaggio nella storia se ne cominciano a delineare meglio le caratteristiche, sia fisiche sia socio-psicologiche; sperimentiamo le sue reazioni facendolo interagire con gli altri caratteri, come in un teatrino di marionette.

È calvo, rachitico, raggrinzito, marito, padre, paesano, musicista, traditore.

Più dettagli inventiamo sulla storia del personaggio, più scopriamo da dove viene, che valori gli sono stati inculcati da bambino, quali esperienze di vita lo hanno segnato in modo indelebile; guardiamo impotenti la nostra marionetta tagliare i fili, le sue azioni e reazioni diventare personalizzate, abbandonando i cliché e i nostri progetti. Finalmente il personaggio diventa persona, con mille minime sfumature.

È gobbo, itterico, sdentato, rancoroso, religioso, disilluso, malato, solo.

I ruoli ora sono inversi, lo scrittore è umile servo e il personaggio scrive in prima persona. Per poterne esprimere i desideri dobbiamo identificarci con lui, avere il suo lessico, la sua educazione, i suoi valori, il suo temperamento. Se il personaggio è molto diverso da noi, identificarsi non è semplice, richiede molta ricerca, e tanto aiuto. E qui entrate in gioco voi.

Come lo vogliamo chiamare? Per ora, chiamiamolo Giorgio. Se non vi piace lo cambieremo.

Vi presento Giorgio


Giorgio cresce in una piccola città italiana del secondo dopoguerra. Immaginatevi un centro storico di ciottolato, con la chiesa, il municipio, il bar e le biciclette; le massaie a fare i lavori di casa, i contadini nei campi, i bambini che escono da scuola. 

Finite le elementari, Giorgio va a lavorare col padre, ma la sua vera passione è la musica. Grazie all'incontro con un buon maestro, Giorgio impara a suonare il violino; coi suoi primi risparmi compra lo strumento che porterà con sé fino alla tomba. 



Non diventerà mai famoso, ma non è l'ambizione che guida i suoi passi. Giorgio suona ogni domenica in chiesa e proprio lì un semplice volto di ragazza gli ruba il cuore, spietato.

La donna che riempie i suoi sogni è già promessa a un altro. Il desiderio impossibile lo corrode, lo isola, lo costringe all'immobilità, in attesa del prossimo incontro con l'amata, casta e irraggiungibile.

Quando la sorte si mette in mezzo, l'amore consumato distrugge le illusioni di Giorgio e lo costringe a partire, abbandonando le sue radici, portandolo a scoprire altri mondi, altre vite, per poi finire a morire di una malattia lenta e orribile, in un carcere di minima sicurezza, situato su un'isola oltreoceano.

Quel che Giorgio scrive è il suo testamento spirituale, in forma di diario, rivolto a nessuno in particolare, come un esercizio di memoria per liberarsi del tedio del cancro e della prigionia.

AAA settantenne cercasi


Ho bisogno d'aiuto per scrivere il diario di Giorgio. Non so identificarmi con lui; è troppo difficile, nonostante lo conosca molto bene, scrivere i suoi pensieri. Ho bisogno di pensare come un uomo settantenne e solo voi potete aiutarmi.

Non conosco abbastanza bene la storia del nostro paese, dagli anni 40 agli anni 90, i libri di storia non mi bastano per entrare nel mondo di Giorgio bambino, ragazzo e infine adulto.

Devo respirare la sua stessa aria, muovermi nel suo ambiente, mangiare alla sua tavola. Ci sono tante domande che mi frullano in testa, eccone alcune:

Anni 40-50: Come si vestiva per andare a scuola? Che giochi faceva coi compagni? Che ruolo aveva in famiglia, e come trattava i genitori? 

Anni 60-70: Come si vestiva per andare in Chiesa? Cosa pensava la gente delle star del cinema? Come si affrontavano i divorzi? Quali erano i sogni, le ambizioni di un giovane? Che musica si ascoltava?

Anni 80-90: Cosa pensavano gli uomini delle donne? Come pensavano le donne? Quanto corte erano le gonne? Quando si è cominciato a parlare di Internet tra i non addetti ai lavori? 

Se fossi a Reggio andrei subito in biblioteca, so che troverei moltissimo materiale tra libri, foto e video, ma da qui non posso far molto. Ho guardato qualche stralcio di film alla "Sapore di sale" su youtube e ho chiesto a Google di mostrarmi foto e testi inerenti alle parole chiave. Tanto per farci due risate, vi copio-incollo i testi dei primi due link trovati:

CERCASI MODELLA SERBA SETTANTENNE SDENTATA PER BOOK PUBBLICITARI DI POMPE FUNEBRI.

Vedovo settantenne calvo, grandi baffi, CERCA donna pari requisiti.

Purtroppo non sono sdentata né ho i baffi, per cui ho lasciato perdere le ricerche automatiche a mi rivolgo a voi, amici di blog, chiedendovi qualsiasi input abbiate voglia di inviarmi, che siano commenti al blog, storie che avete vissuto o sentito raccontare, ricerche che avete fatto per i vostri romanzi, nozioni che ricordate dai tempi della scuola, film che avete visto, o foto di famiglia che vi sentite di condividere. Fatemi anche sapere se sareste disponibili a leggere il diario per correggerlo una volta finito, si dovrebbe trattare di una trentina di pagine in tutto.

Potete scrivermi qui sotto nei commenti o via email

Grazie!





14.3.16

Indietro non si torna,

Nemmeno per prendere la rincorsa


È fatto noto e assodato che quando l'uomo giusto ti invita finalmente a cena sia utile zoccolare un po' in giro prima di presentarsi all'appuntamento, uscire con qualche sbavino che ti dia una botta di autostima, così da evitare di arrivare al fatidico incontro piena d'ansia e coperta di ruggine. "Così ti levi le ragnatele", si dice in gergo, ma non credo che la crusca approverebbe.


Oggi sono due mesi che non zampetto sulla tastiera, sessanta giorni che non passo del tempo coi miei personaggi. Se ne stanno lì, ibernati nel cervelletto, in attesa di conoscere il loro destino. Prima di andarli a trovare, ho pensato di passare da voi, così rimetto in moto le sinapsi in un ambiente accogliente e protetto e non arrivo impreparata al... climax.


Scrivere il finale del romanzo


Partire dalla fine non è tipico, né semplice. Eppure devo farlo, non ho scelta. Il romanzo è in sospeso proprio sulla scena clou, in cui ogni filo della trama è sbrogliato e ogni personaggio trova la sua risoluzione. Vi ci porto.

La protagonista e il suo principe azzurro sono ospiti in una sfarzosa villa immersa in un paradiso tropicale. Se ne stanno accoccolati sul divano a imboccarsi frutta fresca e godersi il fresco della sera mentre leggono il diario segreto del personaggio misterioso le cui azioni hanno causato l'intero patatrac da cui deriva la storia. Pagina dopo pagina, il lettore capisce tutto quel che è successo, com'è successo, perché è successo. 

Da una parte, la tensione sale perché il lettore mette insieme i pezzi della trama e arriva perfino a indovinare quel che i personaggi ancora non sanno.
Dall'altra, la tensione sale perché la protagonista deve scegliere tra l'amore e la libertà (in senso lato, non è che finisce in galera o qualcosa del genere).

Devo scrivere tre o quattro capitoli, non di più, per completare il climax, e devono essere perfetti. Ogni informazione deve essere data al momento giusto e il ritmo deve crescere ad ogni scambio di battute. Tutto si basa sull'alternanza tra la coppietta sul divano e le pagine del diario segreto.


I requisiti per un climax efficace


Vediamo insieme i requisiti per un climax efficace, proposti da Nancy Kress e riassunti qui da Anima di Carta:

  • Il climax deve confermare la visione del mondo implicita nella storia (deve essere una dimostrazione della premise)
Dimostrare la premise è facile, se la fase di programmazione è stata ben fatta e il romanzo è stato scritto tenendola bene a mente. Io nella prima stesura non avevo ben chiaro dove volevo andare e ho finito per dover riscrivere tutto daccapo. Adesso però fila tutto liscio e so dove sto andando, quindi non dovrei aver problemi ad arrivarci. 
  • Il climax deve suscitare emozione (pena la delusione del lettore)
Suscitare emozione è già più complicato, non perché la trama non sia mozzafiato, ma questa alternanza di passato (il diario) e presente (la coppietta sul divano) va ritmata alla perfezione per permettere al lettore di non svegliarsi dal sogno narrativo.
  • Il climax deve creare un'intensità emotiva adeguata al resto della storia (non si può iniziare con un dramma e concludere con un litigio pacato, e viceversa)
L'intensità emotiva della coppietta sul divano è adeguata al resto della storia, ma il diario ha tutto un altro tono. Il diario non è stato scritto per un pubblico, è una sorta di testamento morale, per cui ci sono parti lente e riflessive, e anche punti di raccordo per nulla emotivi che spiegano i passaggi da una fase all'altra della vita (e che sono necessari per capire l'evoluzione del personaggio).
  • Il climax deve essere la conseguenza logica dell'intreccio e della storia (deve essere in linea con le azioni e il carattere dei personaggi)
Una certa logica c'è, ma non è certo universalmente condivisibile. Il finale che vorrei riuscire a scrivere lascerà molte bocche corrucciate, in un primo momento. Vorrei che fosse uno di quei finali che come prima reazione ti fanno venire voglia di mettere via il libro e non guardarlo mai più, e che poi ti torna in mente alle quattro di notte e ti tiene sveglio perché ne realizzi l'implicita genialità. Mi è successo stanotte, per inciso, dopo aver visto l'acutissimo film Ex Machina (2015).


Tre tipi di promessa intellettuale


Sempre Nancy Kress distingue tre tipi di promessa intellettuale impliciti in ogni storia:

- Leggi questo e vedrai il mondo da una prospettiva diversa.

- Leggi questo e vedrai confermato quel che già vuoi credere riguardo al mondo.

- Leggi questo e imparerai di un mondo diverso, più interessante di questo.

Nel mio caso, vorrei che il lettore chiudesse il mio romanzo con una nuova luce negli occhi, magari non contento di quel che comporta, perché vedrà distrutte le sue credenze sul mondo, ma illuminato da una nuova consapevolezza che ne guiderà i passi per il resto della vita. Aspettative minime per il primo romanzo, non ancora finito, di un'aspirante scrittrice che non sta manco scrivendo e che si ricorda a malapena l'italiano, no? Eppure l'unico modo per farcela è credere di potercela fare, per cui riparto da zero, coi miei sogni tra le dita.


martin luther king