5.7.15

Un anno di scrittura - la mia evoluzione



Il meme di Chiara


Qualche giorno fa, Chiara di Appunti di Margine ha lanciato un meme interessante, invitando a riflettere ed elencare le differenze che possiamo notare nella nostra scrittura rispetto al passato, prendendo come punto di riferimento un arco temporale di circa un anno.

Chiara sta scrivendo un romanzo impegnativo, con più livelli temporali e personaggi studiati fino al minimo dettaglio. Tra il poco tempo a disposizione e un lavoro estenuante, ha dovuto lottare per proseguire nel suo progetto e solo grazie al suo impegno costante, ma soprattutto grazie all'aiuto di noi altri blogger (che l'abbiamo sopport... ehm, supportata, passo dopo passo), la sua scrittura è migliorata visibilmente. Non mi riferisco al suo modo di scrivere, che è sempre stato preciso e esaustivo, ma alla sicurezza che traspare dalle parole scritte. In passato, Chiara ha smesso di scrivere per un periodo e un anno fa si sentiva ancora titubante a ripercorrere quella strada, temeva che avrebbe finito col rinunciare di nuovo. Ora invece sa che non mollerà più, scrivere è un suo bisogno oltre che un piacere o un semplice hobby, quindi procede con passo sicuro e più spedito.


Le mie colpe


A differenza di Chiara, io ho iniziato a scrivere due anni e mezzo fa, pensando che mi sarei scoperta Hemingway. La mia presunzione ha fatto presto i conti con un romanzo mai finito e un altro in cui sono impegolata fino al collo. Non avendo lavorato a sufficienza sulla struttura della trama prima di lanciarmi nella prima stesura, mi trovo continuamente al bivio "Sarà meglio lasciar perdere e ricominciare da zero o continuare la revisione di un testo che, devo ammettere, non è un granché?"
Alcuni passaggi del mio libro sono splendidi, sarebbe un peccato abbandonarli. I personaggi mi piacciono e la trama ha un inizio e una fine con un messaggio deciso, anche se non convenzionale. Le descrizioni, che temevo tanto, sono state applaudite dalla mia unica e santa beta-reader. 
Queste caratteristiche positive sono isolette sparse in un mare di confusione, pressappochismo e inesperienza. La struttura a tre atti si può trovare, forzando un po' la mano, ma alcuni passaggi sono noiosi o inutili ai fini della storia, certi personaggi minori appaiono solo per il mio piacere personale e il climax ha l'andatura di uno zoppo guercio in equilibrio sulle sabbie mobili.


Il riscatto (forse)


Se vi ricordate, Madre Natura, complice della primavera canadese, mi aveva distratto dai miei doveri di scribacchina. Tornata in Italia per le vacanze, ho scoperto che alla legge di Murphy non c'è mai fondo. La preoccupazione per la salute di mia mamma (che ora è a casa, in convalescenza, grazie mille per i vostri messaggi incoraggianti) è scrosciata dal cuore alle dita e la mia fantasia è esplosa con tutti i colori dell'arcobaleno, in un disperato tentativo di sconfiggere le ombre minacciose e fin troppo reali di una vita da figlia unica che vive troppo lontana dai suoi cari.
Questo fiume in piena si sta concretizzando nell'abbozzo di un nuovo libro. L'idea ribolle sotto la pelle, il quadernino da borsetta salta fuori a ogni ora, appunti, visioni e dettagli competono per essere selezionati. I vincitori si assemblano nella trama, abitata da manichini di personaggi che man mano assumono forma, colori e carattere.
Per ora, posso dirvi in anteprima il genere della nuova storia: è una favola, sulla falsa riga di La meccanica del cuore di Mathias Malzieu.
La struttura a tre atti questa volta sarà delineata a priori, seguendo il metodo del fiocco di neve.
Il resto verrà dopo, quando ci saranno fondamenta stabili su cui improvvisare senza rischio di impantanarsi.
Nonostante la calura estiva e le sinapsi collassate di queste giornate afose, l'entusiasmo si moltiplica, e più lavoro sulla favola, più mi vengono idee su come aggiustare il romanzo che avevo quasi dato per perso. 
Un famoso consiglio di scrittura di Hemingway dice di lavorare su una cosa alla volta e non passare alla successiva finché non la si è completata. Come vi stavo dicendo, purtroppo non sono Hemingway, per cui non è detto che per me non valga invece l'opposto. Forse non riuscirò a rendere il romanzo pubblicabile, ma continuerò a lavorarci finché mi sentirò ispirata. 

Riassumendo, ecco quel che ho imparato in questo ultimo anno di scrittura:

1) Non si nasce imparati.

2) Mai scrivere un racconto lungo senza prima averne delineato la struttura.

3) Preoccuparsi per i problemi futuri... aiuta quanto masticare un chewing gum per risolvere un'equazione algebrica (cit. The Big Kahuna).

4) Che io scriva diari, romanzi o favole, scrivere per me è:

- uno sfogo del marciume emotivo;

- una celebrazione e una preghiera di ringraziamento per la bellezza e l'amore sulla Terra;

- un nascondiglio dalle brutture spaventose intrinseche della condizione umana;

- un messaggio in bottiglia per chiunque, là fuori, riesca e voglia sentirmi.