14.9.20

Vancouver Writers Festival

Domani 15 settembre 2020 saranno disponibili per l'acquisto i biglietti per il Vancouver Writers Festival. Ehmbé? Direte voi, dalle vostre casette italiane.

Quest'anno è online! Come tutto il resto degli eventi mondiali, anche il rinomato festival degli scrittori, di solito organizzato sulla bellissima Granville island di Vancouver, British Columbia, aprirà solo le porte virtuali.

Visto che molti di voi masticano bene l'inglese, non negatelo, perché vi vedo sui social che postate e commentate senza problemi, ho pensato di condividere con voi questa iniziativa, perché è un'occasione di ampliare i nostri orizzonti scrittori e confrontarci con autori ben diversi dai soliti sospetti.




Il festival dura dal 19 al 25 ottobre ma i biglietti di solito sono esauriti ben prima. Questo è il link dove potete trovare ogni evento con una foto dei partecipanti e una breve descrizione del contenuto trattato: EVENTI DEL FESTIVAL.

Io non conosco gli autori di quest'anno, a parte Caroline Adderson che ho incontrato personalmente qualche anno fa al Festival of the Written Arts qui sulla Sunshine Coast del British Columbia dopo la presentazione dei suoi romanzi. Si capisce bene quando parla, è interessante, divertente e può piacere a chi scrive narrativa per ragazzi e fiction mainstream.

Tenete a mente che Vancouver è a 9 ore in meno rispetto all'Italia quindi quando in Italia è mezzanotte qua sono le 3 del pomeriggio. L'ora cambia il 1 novembre (come se ci servisse un'ora in più di questo 2020... no grazie!) quindi non intaccherà la settimana del festival. Fate i vostri conti e non comprate gli eventi serali o dovrete alzarvi all'alba!

Vi saluto con una foto della costa pacifica devastata dagli incendi di questa settimana, per fortuna quassù in alto in alto (ho messo un pallino blu così potete trovarmi sulla mappa) c'è solo tanto fumo e per ora ce la caviamo stando tappati in casa con un po' di tosse e mal di testa. Quest'anno va così, non c'è niente da fare! Un abbraccio!




27.2.20

Cosa farebbe Tiziano Terzani?







25 agosto 1992, Orsigna. Folco è partito col sacco in spalla, una pesantissima valigia piena di libri e il tamburo sotto il braccio. Ha lasciato un grande vuoto.
Viene a trovarci Alberto Baroni con una sua bibliotechina per il possibile libro sui vecchi. Ci impressiona con un paio di idee: il mutato concetto della morte in questo secolo.
Nella civiltà maya chi vinceva alla pelota riceveva come premio il privilegio di venir sacrificato agli dei. In un mondo il cui il rischio di morire di diarrea era immenso, era un grande onore morire da eroi. La morte si sublimava nell’eroismo.
Oggi nessuno vuole più morire da eroe, perché le chance di vivere a lungo sono grandi. Da qui anche la crisi della religione. La gente non si interroga più sull’aldilà, ma sul come conservarsi, come mantenersi giovane. io dico che la gente non parla più di Dio e della morte, ma della pensione.
Prima, la morte di una persona era un fatto corale. Moriva uno e i vicini di casa assistevano e aiutavano, ognuno faceva così un’esperienza della morte. Oggi è il contrario, la morte viene celata, nascosta. Nessuno sa più gestirla, nessuno sa cosa fare dinanzi a un morto. I vicini scappano, non partecipano. Prima un ragazzo faceva spesso l’esperienza della morte, oggi uno può arrivare alla propria senza mai aver visto quella altrui. Prima dall’ospedale si veniva portati a casa a morire. Ora è il contrario. La famiglia porta uno a morire all’ospedale perché nessuno sa cosa fare col morto. Ricordo da bambino i morti lavati.
(Un'idea di destino, 2014)


Questo stralcio del diario di Tiziano Terzani mi è entrato sotto la pelle. Ci sono tanti, tantissimi suoi pensieri che conservo e faccio miei mentre negli anni centellino ogni suo scritto, avidamente ma con la paura di finire troppo presto. Ho bisogno di lui per dirmi quel che penso e non so esprimere. L’idea che non stia più lì da qualche parte nel mondo a scrivere del suo dolore per tutto ciò che non va nel sistema mi fa sentire sola, come se adesso non ci fosse più nessuno ad accorgersi che c’è qualcosa che non va, qualcosa di veramente sbagliato in questo modo di vivere.

E così anche ieri notte, quando in preda all’insonnia per il male al piede mi rigiravo cercando di tenere a freno l’ansia per, beh, praticamente qualsiasi cosa, leggere queste poche righe scritte tra le sue colline in un momento per lui molto difficile, in preda alla depressione e all’indecisione su dove dirigersi, senza sapere che avrebbe presto trovato la sua India e la sua pace, mi ha fatto piacere come una candela che illumina il buio.


Folco che parte mi ricorda il giorno che sono partita dall’Italia, anch’io come lui non volevo saperne di lavare i piatti e apparecchiare la tavola, pensavo che la vita non fosse quella. Invece eccomi qui, di ritorno in Italia per scelta, con il canovaccio in mano e la tovaglia sullo stendino perché Luna ci ha fatto su un bel disegno coi mirtilli ieri sera. Anche lei un giorno mi saluterà allegra e spaventata agitando la mano dal finestrino di un treno? Come sopravvivrò?

La civiltà Maya che muore di diarrea è un bel cambiamento rispetto all’idea di saggezza e indistruttibilità che mi è stata impartita nel corso dei miei viaggi in Messico e Guatemala. Mi fa venire voglia di tornarci per poterli studiare sotto un altro punto di vista e magari interrogarli, cari Maya, ditemi, qual è il modo giusto di reagire alle epidemie che ci attanagliano, ai virus, al Dio denaro, alla sovrappopolazione? 


“Morte tua vita mia” sembra ormai più appropriato di “mal comune mezzo gaudio”. Com’è successo? È perché se muori tu ho più probabilità di sopravvivenza io?
È vero che nessuno pensa più all’aldilà? Messi come siamo dubito che ci accoglierà Dio, forse anche lui ha ben pensato di ritirarsi in quarantena. 
Nessuno vuole più farsi seppellire, ci vogliamo tutti far cremare, perché? Per levare il disturbo, smettere di occupare spazio, evitare che possano acchiapparci. 
Per me è un desiderio di libertà, di aria, di pulizia. E di mettere il punto. 

Anche Terzani a 66 anni ha smesso ogni tipo di cura contro il cancro allo stomaco e ha scelto di morire circondato dai suoi cari, “estremamente affaticato ma serenissimo”.
“Ormai mi incuriosisce di più morire. Mi rincresce solo che non potrò scriverne”.
Dispiace immensamente anche a noi, caro Tiziano.



6.1.20

La befana italiana


Avete presente quella situazione in cui decidete di uscire di casa così come siete, solo per cinque minuti, fuori e dentro, con i pantaloni sformati sulle ginocchia che ormai portate solo sul divano ma che non potete buttare via perché non ne troverete mai più di così comodi, i capelli raccolti in uno chignon spettinato che sulle modelle delle riviste risaltano i lineamenti ma che a voi invece fanno il faccione e risaltano solo la ricrescita scura se non bianca o comunque quella patina di unto del terzo giorno senza shampoo, le occhiaie in bella vista, magari gli occhiali coperti di ditate perché hai pianto davanti alla tele, i guanti col buco e la sciarpa fin sopra le ciglia per coprire il più possibile di questo scempio?

Mettete il naso fuori e pregate, supplicate, improvvisamente religiose, chiedete a Dio ti prego, Dio, ti prego, fa che non incontri nessuno, dammi il dono dell’invisibilità, solo per stavolta, solo per cinque minuti e giuro solennemente che non uscirò mai più senza trucco e invece tac, un secondo dopo, comparsa dal nulla, senza motivo apparente per essere lì in quel posto a quell’ora, vestita di tutto punto, truccata e pettinata come se fosse appena uscita dal makeover di un reality show, ti senti chiamare per nome e non puoi non voltarti e ovviamente, ovviamente, è lei, la tua nemesi, la giovanissima fidanzata del tuo ex, o la perfetta ex del tuo attuale fidanzato, o la più bella ragazza del tuo liceo che non vedi da vent’anni e che ovviamente è diventata ancora più bella e ancora più femme fatale e ti vuole sorridere, ti vuole abbracciare, ti vuole essere amica e chiacchierare e sapere tutto di te, tutto quello che non ha mai voluto sapere ai tempi della scuola perché era troppo impegnata a essere bella e desiderata da tutti e invidiata da tutte per accorgersi di te, essere comune con la media del sei e mezzo e qualche chilo di troppo (nonostante adesso riguardando le foto daresti qualsiasi cosa per tornare a indossare quella taglia che ai tempi ti sembrava imbarazzante).

E tu pensi CAZZZZZZZoooooo ma perché proprio qui proprio ora porca zoccola e intanto sorridi (troppo) sperando di non aver qualcosa tra i denti, magari un resto di torrone o uvetta del panettone o le labbra viola per il troppo vino rosso e allora ti dici che “la bellezza vien da dentro, solleva il mento e possiedi questo momento” invece tutto ciò che ti viene da dentro è un po’ di puzza d’ascelle e l’alito di chi ha mangiato troppo per troppi giorni di fila. Fingi indifferenza ma le gote arrossiscono, bastarde, non ti reggono il gioco, adesso lei sa che sei in imbarazzo, percepisce la tua insicurezza, ti vede dentro, oltre il piumino imbottito stile omino Michelin, oltre le briciole sul maglione, oltre il reggiseno senza ferretto e i mutandoni da notte, quelli che non vanno in mezzo al sedere e che a forza di lavaggi hanno assunto un colore grigino antistupro, ti vede fin nelle viscere, può contare i tortelli verdi e i tortellini fritti e allora per distrarre la sua visita radiologica le dici ma dimmi di te piuttosto, così puoi tacere e mantenere il decoro, fare sì sì con la testa tenendola piegata appena fuori dalla luce del lampione per nascondere il grasso della zona T e i punti neri che avevi proprio intenzione di togliere domattina con la maschera per viso urban detox che ti ha regalato stanotte la befana, e non te ne frega un cazzo di quel che dice, del suo lavoro, della sua famiglia, delle sue vacanze, non senti una parola, conti i tuoi respiri e aspetti il magico momento in cui potrai dire oh no, che peccato, devo proprio proprio andare adesso, ma come mi ha fatto piacere vederti, dai sì scambiamoci il numero, scriviamoci, vediamoci, baci e abbracci e mi raccomando tanti saluti a casa e vai fare in culo. 

Tanto tra due minuti sarai al sicuro in casa e avrai altri vent’anni per prepararti al prossimo incontro e allora sì, vedrai, vedrete tutti, Dio mi è testimone, come rimarrà a bocca aperta.

Auguri befane!