17.3.15

La seconda regola della scrittura creativa


La discussione nata la settimana scorsa dall'idea di Gardner che non esistano regole per scrivere fiction ha portato alla luce diversi punti di vista. C'è chi è allergico ai manuali di scrittura, chi invece li conosce a memoria. Alcuni sono grati di avere linee guida da seguire, altri invece si sforzano di crearsene di proprie. Serena ha proposto le sue riflessioni sul suo blog
Più o meno tutti, però, siamo d'accordo che conoscere le tecniche della fiction sia importante, pur mantenendo la libertà di fregarsene e sapendo che tali regole possono, e devono, essere infrante.

Proseguiamo questa riflessione e vediamo se anche oggi riesco a provocarvi con le idee di Gardner, che io stessa, stavolta, non condivido.

La lettura


Leggere attentamente, intensamente, e continuamente, ogni tipo di testo scritto, permette allo scrittore di trasformare la tecnica in una parte di sé, così come per un pianista la musica diventa una seconda natura.

Mi permetto di indovinare e dire che, fin qui, siamo tutti d'accordo. Andiamo avanti.

Secondo Gardner, un IGNORAMUS, cioè uno scrittore che si è tenuto lontano dall'educazione, non ha mai prodotto grande arte. Il problema di non aver mai letto nulla che valga la pena leggere è che in tal modo non si può essere consapevoli del fatto che la scrittura è sempre, in qualche modo, un’imitazione. Gli esseri umani, come gli scimpanzé, possono concludere molto poco senza seguire un modello. Quando leggiamo un bel libro e pensiamo “Questo sì che è un romanzo!”, ecco allora che in noi nasce il desiderio di scrivere qualcosa di altrettanto valido e indimenticabile.

Caro Gardner, non sono d'accordo con queste tue affermazioni. Ammetto che, senza aver letto romanzi, uno non possa sapere se ha scritto qualcosa di originale, o di facilmente vendibile. Ammetto che sarebbe difficile scrivere una storia che regge, evitare l'infodump o creare un incipit perfetto senza un minimo di modello da seguire. Per quanto cinica e disillusa, però, voglio credere che esista ancora qualcosa di inesplorato al mondo, qualche perla di saggezza che non sia ancora stata pensata, qualche tecnica narrativa non ancora ideata. Voglio poter credere nei miracoli. Le mode narrative cambieranno, e chissà che tra di noi non si trovi un autore sconosciuto che un giorno potrà dire: "Sono stato io a inventare questo, l'ho scritto io per primo e ora tutti vogliono imitarmi". Se davvero pensassi che tutto quello a cui posso aspirare è copiare i grandi del passato come una scimmietta ammaestrata, finirei col perdere la soddisfazione che nasce in me nel momento in cui riesco a mettere in fila due parole decenti. 

Per supportare le mie convinzioni, riporto una prova empirica, intesa a dimostrare che un ignoramus è in grado di produrre grande arte.

carmenmunafo.wordpress.com
Anni fa ho lavorato in un campo giochi estivo, a Reggio Emilia. C'era una bambina autistica, di nome Elena, che passava tutto il giorno a guardare dentro i tombini in giardino, sfarfallando le mani e parlando un suo linguaggio incomprensibile. Sarebbe stato facile, per chiunque, credere che non si rendesse conto di dov'era. Un giorno, con l'ausilio della CF, una tecnica di scrittura al computer, Elena scrisse una poesia chiamata "La ricetta della felicità": con un pizzico di pazienza e una tazza di sorrisi, ringraziava gli educatori dell'estate passata in compagnia. Senza aver mai letto i grandi classici né i manuali di scrittura, Elena regalò a tutti occhi lucidi e pelle d'oca, e dopo così tanti anni, quella lettura mi regala ancora emozioni. Non mi scorderò mai né la poesia né la bambina che la scrisse. Se questa non è arte, caro Gardner, tanto vale che io appenda la biro al chiodo (il computer no, che costa troppo).

L'angolo del follower


Cosa ne pensate della teoria di Gardner? A che opere si riferisce quando parla dei "libri che valga la pena di leggere"? Quanti dobbiamo leggerne per non essere più considerati ignoramus? E come si fa a distinguere quel che è arte da quel che è imitazione? 

46 commenti:

  1. Immagino che Gardner si riferisse ai classici, per esempio Madame Bovary. Ma leggere solo i classici è "rischioso", è necessario alternare questi con i contemporanei perché noi viviamo "qui e adesso".
    E credo che abbia ragione quando parlava a proposito dell'educazione: Michelangelo e Leonardo Da Vinci andavano a bottega, e senza quegli anni di apprendistato non avremmo avuto le loro opere. Ci sono le eccezioni? Certo, ma nessuno si licenzia per giocare al "Gratta e Vinci" solo perché Sempronio ha vinto 1 milione di Euro all'Autogrill. E temo che il talento da solo, senza disciplina e tecnica, non sia sufficiente.

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    1. Sono d'accordo con te, Marco. Leggere solo i classici è rischioso, io sono convinta che autori come Leo Tolstoy e Charlotte Bront sarebbero cestinati da qualsiasi casa editrice oggi giorno, non nel senso che non sono più bravi autori, ma nel senso che gli addetti alla slush pile che ricevessero i loro manoscritti li getterebbero direttamente nel cestino, in quanto non rispecchiano i requisiti e i gusti attualmente in voga per la pubblicazione.
      Invece per quanto riguarda Leonardo & C., credo che se non fossero andati a bottega avrebbero creato arte ancora più originale, magari meno comprensibile agli occhi dei più, o agli occhi dei contemporanei, ma ancora più di valore col senno di poi.

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  2. Ho tentato inutilmente di commentare il tuo precedente post, ma ho desistito alla quarta voltache il mio tablet è andato in tilt. Approfitto per dite qui che se le regole di scrittura sono importanti, i manuali di scrittura creativa sono molto recenti e la storia della letteratura ci dice che i grandi classici sono stati scritti senza manuale. Certo, i loro autori non erano analfabeti e leggere ha una grande importanza, ma può anche portare a credere che tutto sia già stato scritto. Non è così. Non solo le "storie" sono ancora tante, ma il modo personale di scriverle fa la differenza

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    1. Che peccato per il commento perso, per fortuna sei tornata a trovarmi.
      Leggere è importante, certo, ma anch'io non voglio credere che sia già stato scritto tutto.

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  3. Ma l'arte è tutta "imitazione", tant'è vero che la sua etimologia la fa discendere da "aderire", "andare verso", "adattare". Al limite, a fare la differenza, è la τέχνη, cioè l'essere in grado di fare una cosa in un modo specifico: che è poi la cosa che insegnano a bottega. O sui manuali.
    Ciò significa che quando uno ha "talento" saranno necessarie poche lezioni, o libri-che-valga-la-pena-leggere, per apprendere come applicare una tecnica, ma se ha costanza e disciplina arriverà ad ogni modo ad imparare la tecnica e a produrre arte. Con queste premesse, ha senso chiedersi se esista, e non dove sia, il limite dell'ignoramus (che, per inciso, mi fa tanto Harry Potter anche se non l'ho mai letto).

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    1. Allora mi correggo e sostituisco il termine "arte" con "creatività". Quella non si può imparare, e non si può scimmiottare.
      Ti giro una domanda che mi chiese Salvatore mesi fa, e a cui non sono ancora riuscita a rispondere: che cos'è il "talento"?
      È vero, l'ignoramus sembra un animale magico, mezzo asino e mezzo capra. Ih-bee-oh-bee.

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    2. IMHO: è la facilità con la quale impari la tecnica. Prendi dei bambini che giocano a calcio, o delle bambine che ballano: chi ha più talento? Quello/a che, per disposizione naturale, impara subito la tecnica perché non ha bisogno di forzare il proprio corpo o la propria mente per eseguirla. Lo stesso discorso può essere fatto per tutti i campi, credo, anche quelli del tutto innovativi perché, a posteriori, siamo sempre in grado di riconoscere una "tecnica di esecuzione".

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    3. Secondo me la disposizione naturale all'acquisizione è solo una parte del talento. Solo l'alunno che supera il maestro, con la sua creatività e passione, ha davvero talento.

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  4. Credo che Gardner intendesse qualcosa di diverso. La scrittura, intesa come arte, è una forma di imitazione perché non nasce da sé, ma segue una passione. In pratica dovrebbe funzionare in questo modo: ti piace così tanto leggere - quello che leggi - che, per imitazione, a un certo punto vuoi contribuire tu stesso in prima persona. È una sorta di circolo virtuoso.

    Per me, ad esempio, è stato così. Quando ho iniziato a scrivere non l’ho fatto perché mi immaginavo scrittore del futuro. Non l’ho fatto perché volevo farne il mio mestiere. Non l’ho fatto sicuramente perché pensavo di avere un talento. L’ho fatto invece perché mi piaceva leggere storie al punto tale che io stesso a un certo punto ho voluto contribuire scrivendone altre. Pessime, certo, ma questo non centra.

    In questo senso, la scrittura è imitazione. Parte da qualcosa di letto per poi diventare originale. Io e te potremmo scrivere la stessa storia, mettendoci perfino d’accordo, eppure verrebbero fuori due libri diversi. L’originalità consiste in questo. A parer mio almeno.

    E la bambina allora? Semplice: stiamo parlando di arte, giusto? L’arte è comunicazione, cioè comunicare i propri sentimenti, il proprio punto id vista, le proprie conoscenze a un livello però non razionale, ma empatico, agli altri. In questo senso, per fare dell’arte non serve conoscenza, se non la conoscenza di sé.

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    1. Io preferirei che di me si dicesse "scrive con empatia, con uno stile che parla direttamente al cuore" piuttosto che "scrive come Nabokov". Ovviamente ho scelto Nabokov perché non mi piace, se fosse Jane Austen o Oscar Wilde la scelta sarebbe più dura, ma il punto è: preferirei saper far piangere che prendere un dieci e lode.
      E per far piangere non mi serve altro che la mia propria sensibilità.

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  5. Penso che più che di imitazione sia giusto parlare di influenza che una determinata lettura o più letture possano esercitare su chi scrive. Scrivere è un dono di natura, che puoi scoprire anche dopo avere letto un romanzo che ti ha messo dentro la voglia di fare altrettanto, però non credo io abbia mai provato ad emulare Kafka o Allan Poe, meno che mai Dostojeski o Tolstoj (per citare i miei classici preferiti). Mi hanno trasmesso un gusto, forse, un felice modo di narrare, ma poi la mia "arte" ha seguito un suo percorso.
    La bambina è l'esempio che, a dispetto dell'handicap, certe emozioni te le porti dentro perché nascono con te e prima o poi trovano un modo per venire fuori.

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    1. Sono d'accordo, Marina. In questi giorni sto leggendo Murakami e vorrei tantissimo saper scrivere come lui, con frasi corte, pulite e dritte al punto. Quando mi siedo alla tastiera però scrivo come me stessa e non potrei fare altrimenti. Per quanto ci provi, quando mi rileggo posso avvertire un cambiamento d'umore e di concentrazione, ma sono e rimango io quella che scrive.

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    2. Anch'io sto leggendo Murakami! :)

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    3. Penso che pubblicherò la recensione la settimana prossima, e sarà un dieci e lode! Me lo sono proprio goduta, dall'inizio alla fine. A te è piaciuto?

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    4. Molto. Finora ho letto 1Q84 e adesso sono a metà di Norvegian Wood - Tokyo Blues. Questo mi sta piacendo più del primo, che invece ho trovato un po' lento... :)

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    5. Ah scusa, ho dato per scontato che stessi leggendo l'ultimo uscito, mi riferivo a quello. È stile Norvegian Wood, ma ancora meglio.

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  6. Non c'è certo un numero di testi da leggere per non essere considerati idioti della scrittura.
    Io penso che la lettura aiuti comunque molto, ma ad esempio son di quelli che crede nell'utilità assoluta dei fumetti per quanto riguarda il ritmo quantomento dei dialoghi.
    Io penso che la scrittura sia innata esattamente come lo stile, e poi questo cresce con noi, si affina e viene smussato. E le letture eventuali ci aiutano.
    Le imitazioni si vedono, perché non hanno anima.

    Moz-

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    1. Sbam! Sarebbe bello usare i suoni onomatopeici dei fumetti anche nei romanzi, renderebbe le cose più semplici! Arrgh! Perché non ci ha pensato nessuno? Plim! Ho avuto un'idea geniale per una storia! Grazie Moz! Smack

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  7. Io mi appello al vecchio detto "tutto è originale, niente è originale".
    I grandi della letteratura possono offrire uno spunto, un'ispirazione, ma se non fossimo in grado di elaborarla per creare qualcosa di originale non potremmo certo definirci scrittori.
    Ti faccio un esempio pratico, per farmi capire meglio.
    Negli ultimi tempi ho acquistato diversi libri la cui trama copre un arco temporale piuttosto lungo, uno addirittura di cinquant'anni. Ne ho bisogno perché voglio capire in quale modo gestire le così dette transizioni temporali nel mio romanzo. Sulla base di questa lettura, però ho ideato uno stratagemma assolutamente individuale, che non so se funzionerà ma io me lo auguro, che potrebbe essermi di aiuto...
    Se qualcuno mi domanda "a quale romanzo somiglia la tua storia?" mi viene da dire "nessuno". Non so se questo sia un bene o un male, ma è una cosa che mi fa piacere, perché la storia mi appartiene, è mia, l'ho inventata io, e per quanto possa riferirsi ad archetipi universali so che che segue un percorso molto particolare... questo mi rende felice. Anche se poi ... a livello progettuale sono tutti capolavori, ma chissà che obbrobrio verrà fuori dalla stesura! :)

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    1. Non deve essere facile coprire un arco temporale di cinquant'anni, la mia storia fa riferimento a eventi passati ma è ambientato nel presente, a parte qualche flashback.
      Sono curiosa di sapere che stratagemma hai ideato.
      Anch'io non saprei dire a che romanzo somiglia la mia storia, e fatico anche a trovare romanzi a cui fare riferimento per trovare suggerimenti utili.

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    2. è da un sacco di tempo che mi ripropongo di scriverti una mail, anche per chiederti un consiglio riguardo un personaggio. In questi giorni lo faccio e ti spiego tutto! :)

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    3. CLAIRE MANDAMI LA MAIL ADESSO! sono mesi che aspetto! :)

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  8. Io invece sono d'accordo con Gardner per quello che riguarda la narrativa. Non so dirti il perché e il per come (è stato studiato, ma non da me e trovo il tutto molto noioso), ma se poesia e musica possono esistere come talenti puri (infatti abbiamo autori giovanissimi che hanno rivoluzionato entrambe) arte figurativa e scrittura di prosa vanno per accumulo. Cioè si riesce a produrre qualcosa di proprio solo dopo aver fruito di una massa critica di opere precedenti.
    Il tutto ciò ha a che fare con aree del cervello diverse che vengono attivate e con altre questioni che non conosco, ma sta di fatto che un bambino non riesce autonomamente a dipingere usando la prospettiva senza aver visto altri quadri e averne studiato la tecnica e non sa scrivere un romanzo. Mentre potrebbe comporre musica bellissima e scrivere poesie bellissime. Di grandi pittori e grandi scrittori che abbiano prodotto capolavori assoluti prima dei vent'anni ce ne sono pochini, molti più musicisti e poeti.
    So di essere stata molto vaga, perché non è il mio campo, ma alcuni neuroscienziati hanno approfondito la cosa, magari qualcuno ne sa di più?

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    1. Il cervello umano non è abilitato alla lettura né alla scrittura per natura, e so che i pittogrammi cinesi (un simbolo = una parola) sono più semplici da elaborare del nostro alfabeto (un simbolo = una lettera).
      Ammetto che quando leggo che "il tal autore ha scritto un bestseller al primo tentativo" fatico sempre a crederci, eppure ormai lo sento dire tutti i giorni. O son tutti geni innati della parola scritta, o i best seller ormai sono solo prodotti commerciali.

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    2. Questi studi non si riferivano alla scrittura in sé, quanto alla diversità di elaborare racconti elaborati rispetto all'elaborare canti/poesie. Però, appunto, li ho letti una vita fa e non voglio scrivere idiozie.
      Comunque considera che le "50 sfumature" sono un libro iper costruito, studiato a tavolino per diventare un caso editoriale da una tipa che ha lavorato una vita nelle fiction televisive, eppure figura come "opera prima". Dietro al "bestseller al primo tentativo"(riuscito) stanno mille storie diverse, di cui solo una minima parte hanno a che fare col talento puro.

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    3. Pensa che io avevo letto che l'autrice delle 50 sfumature si era autopubblicata, poi era stata contattata da una piccola casa editrice australiana, e solo alla fine aveva spopolato in tutto il mondo. Sono proprio una credulona :)

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    4. Ha pubblicato l'opera sotto forma di fanfiction su un apposito sito per testare l'interesse del pubblico. Quindi letteralmente è tutto vero (non mi risulta il passaggio nella piccola casa editrice, ma non lo escluderei), questo non vuol dire che non ci sia dietro un lavoro di marketing accurato...
      PS: la mia fonte è una persona che lavora per un grande editore (quello che pubblica le sfumature in Italia) che ha raccontato il caso a un seminario, quindi penso sia accurata.

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    5. Era una tecnica di marketing studiata ad hoc, incredibile. Non so bene perché, ma questa notizia mi deprime. Mi sembra che non ci sia speranza per gli aspiranti scrittori nel panorama editoriale attuale.

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  9. Io sono fra gli allergici ai manuali di scrittura. Credo che la buona scrittura sia una miscela misteriosa che contiene, in proporzioni personali e variabili, almeno questi ingredienti: talento, anima, capacità di dono di sé, occhio allenato da buone letture, esperienza e pratica.

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    1. Mi sembra una miscela esplosiva e invincibile. :)
      Cosa intendi per capacità di dono di sé?

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  10. Il caso che citi della tenere bimbetta credo sia un'eccezione alla regola che per scrivere bene occorra leggere e pure tanto. Io di questo sono certa. L'originalità poi può stare nella voce, e magari anche in certi argomenti, ma un po' è vero che è stato già raccontato tutto.
    Personalmente mi ispiro a Nick Hornby ma quando mi hanno detto che i miei romanzi ricordano Brunella Gasperini, anzi addirittura "sembra tornata la Gasperini" è stato il massimo per me.

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    1. Non l'ho mai sentita nominare, corro subito ai ripari :)

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  11. Anche se il caso della bambina che hai conosciuto colpisce, definire cosa rientra nell'arte non è né facile, né oggettivo. Un brano o una poesia sono anche diversi da un romanzo. Secondo me una persona alfabetizzata, che però non abbia mai letto storie, non pensa di scriverne, e se anche si mette a scriverne manca di strumenti. Può sopperire con le storie orali, ma allora si ricade nell'influenza del sentito, anziché del letto. Eppure è anche vero che qualcuno l'avrà raccontata, la prima storia della storia (!). Finisce come l'uovo e la gallina? Al di là degli arzigogoli, sono convinta che nessuno scriva partendo da una tabula rasa. Si sale sempre sulle spalle degli autori che si sono letti.

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    1. La storia della bambina mirava a dimostrare che non conta la tecnica né il numero di libri letti, conta solo l'emozione che sai provocare al lettore.
      Ammetto che se non avessi mai letto romanzi non mi sarebbe mai venuto in mente di scriverne uno.

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  12. Io invece sono convinta che se agli editori oggi arrivasse una novella Charlotte Brontë, la pubblicherebbero eccome! Perché non sarebbe la stessa che noi conosciamo attraverso i suoi scritti, ma avrebbe in più quell'esperienza storica che ci separa dalla vera scrittrice. Sarebbe un donna dei nostri giorni, quindi il suo stesso stile sarebbe adeguato, così come i temi trattati.
    Questione di talento, che però va sempre rapportato al momento storico in cui lo scrittore è vissuto.
    Quindi anche il discorso dell'imitazione viene a cadere o quantomeno si ridimensiona.
    I libri che vale la pena leggere... Dipende a che livello lo si intende: come "palestra" per chi vuole scrivere, secondo me sarebbe buona abitudine variare moltissimo, scegliere libri che si amano, altri che si ammirano e che si vorrebbe aver scritto, altri che spiazzano e che sono lontani dal proprio modo di pensare la letteratura (e non solo).

    Il mio contributo è assai modesto e unicamente da lettrice!
    Ciao Lisa, alla prossima ^^

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    1. Ciao cara, Glò, grazie di essere passata. Il contributo dei lettori vale tanto quanto il mio, che ero lettrice fino a pochi anni fa. Non è che dilettarmi di scrittura per un paio d'anni mi abbia resa chissà chi :)
      C'è qualcosa, comunque, nei libri che ci piacciono, quelli che ci appassionano particolarmente, che non è copiato né copiabile. Era quel feeling che cercavo di spiegare, e che vorrei riuscire a trasmettere con la mia scrittura.

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    2. E credo che proprio quello sia il "talento" o quello che fa la differenza tra i vari libri e autori!

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  13. Non sappiamo cosa intendesse Gardner di preciso. Credo intendesse opere di valore, classici e altri libri. La poesia della bambina vi ha commosso perché è stata qualcosa di spontaneo e perché proveniva da una bambina autistica. E perché era appunto scritta per ringraziarvi. Insomma, ci sono in gioco diversi fattori.
    Sono invece d'accordo che ci sia ancora qualcosa di inesplorato e che la narrazione possa cambiare. Ma per essere originali, per fare qualcosa che altri non hanno fatto, devi appunto essere istruito.

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    1. Più si impara più ci si sente legati alle regole, e secondo me una parte della creatività muore in questo processo. Mi sento di difendere l'ignoramus e il suo diritto di creare non per imitazione ma perché gli sgorga da dentro, naturalmente.

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    2. In generale più ci si preoccupa e si cerca di controllare un processo, meno naturale diventa, questo è sicuro; ma anche scrivere male è naturale. Temo che semplicemente non si possa avere tutto. Tocca cercare il proprio equilibrio personale tra i due estremi. :)

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  14. Ciao bellezza :D Intanto perdonami il ritardo galattico del commento e accetta, anche se in ritardo, il mio grazie per la citazione *arrossisce*.
    Gardner lo conosco di fama ma non l’ho mai letto, e non sono certa di avere capito bene il suo pensiero. Provo a rispondere ai concetti principali:
    “Un IGNORAMUS, cioè uno scrittore che si è tenuto lontano dall'educazione, non ha mai prodotto grande arte”
    Su questo io sono d’accordo con Gardner, ma forse bisogna fare dei distinguo. Sono convintissima che in certe discipline si possa produrre arte senza nessuna preparazione particolare; la bimba di cui parli ne è la prova. Non credo questo valga per la scrittura. Servono sia la lettura intensiva, per assimilare esempi, sia lo studio della tecnica, che secondo me altro non è che il portare a livello di consapevolezza il ricorrere di “stratagemmi” che funzionano. E gli esempi non si assimilano per ripeterli come gli scimpanzé, ma appunto per capire come funzionano, che struttura hanno. Chiunque abbia frequentato con profitto le elementari può scrivere un testo; scrivere un’opera di narrativa è un altro paio di maniche. In certi casi, arrivo a paragonarlo alla creazione di un mondo, e le conoscenze necessarie non sono solo quelle legate al miglior uso della tecnica, meno ancora, di quattro regole di grammatica e due trucchetti.
    Credo che la lettura di moltissimi romanzi sia importante per assimilare quella che Tenar ha definito in un suo intervento la “grammatica interna del narrare”, ossia la struttura narrativa. La primissima cosa, a mio parere, di cui ci si dovrebbe preoccupare quando si desidera scrivere una bella storia.
    Bisogna anche capire cosa intenda Gardner per educazione: se intende che si debba avere letto tonnellate di testi, sono abbastanza d’accordo, ma in ogni caso starei attenta ad usare quel “mai”. Capita spesso di doverseli rimangiare, i “mai”.
    “Il problema di non aver mai letto nulla che valga la pena leggere è che in tal modo non si può essere consapevoli del fatto che la scrittura è sempre, in qualche modo, un’imitazione.”
    Questa non l’ho proprio capita. Provo a girare la frase: “Si deve leggere roba di qualità per diventare consapevoli che la scrittura è un’imitazione”.
    Nel senso che più leggi più ti rendi conto che le tecniche sono le stesse, o che qualsiasi storia è già stata raccontata? Ma questa non è imitazione, per me. È imparare che cosa funziona e cosa no. E sul fatto che qualsiasi storia sia già stata raccontata, beh, mettiamoci il cuore in pace. Non ne farei un problema. So anche che nel mondo esistono almeno otto miei sosia, ma non è che questo non mi faccia dormire la notte.
    Non mi sento di prendere posizione su qualcosa che non ho ben capito, perciò rimando la formazione della mia opinione a quando avrò letto Gardner. Comunque la padronanza di qualsiasi strumento si acquisisce con la frequenza e la pratica. Leggere molto inietta la scrittura per endovena, non c'è niente da fare.
    Lunedì pubblico la “mia” seconda regola della scrittura e… vedrai! XD Manco a farlo apposta!
    Ciao, buona domenica :-)
    Serena

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    1. Riflessioni molto interessanti, che mi fanno riflettere e che terrò a mente.
      Domani esce il tuo post, non vedo l'ora! Spero che tutti verranno a trovarti. Io non mancherò :)

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  15. anche se parla di scimmie, non credo che Gardner intendesse uno scimmiottamento di ciò che si è letto quanto un'assimilazione (e un'emulazione) del modo in cui scrittori più o meno grandi comunicano stati d'animo e trame. L'esempio che porti non so quanto sia inficiato dall'emotività di quanti sono stati accanto a questa bambina e gioiscono della sua insperata comunicatività, magari decodificando istintivamente un messaggio magari di per sè poco letterario.
    ciao,
    ml

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    1. Purtroppo nonostante vari tentativi non sono riuscita a recuperare la poesia, ma credimi sulla parola, non era bella solo per chi sapeva chi l'aveva scritta. L'idea era geniale e le parole scelte erano perfette. Sarebbe potuto diventare un tam tam sui social media se fosse stato pubblicato.

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  16. Secondo me Gardner è in parte in torto, perchè l'arte è un istinto spontaneo dell'animo umano: ne sono prove le pitture rupestri dei nostri antenati, che non si rifanno a una tradizione precedente. Però è vero che poi l'arte si inserisce in una scuola da cui si impara dai predecessori, perchè tutto il sapere umano è in continua evoluzione; altrimenti saremmo ancora fermi all'algebra e alla meccanica classica.
    Quanto ai libri fondamentali, penso siano anche commisurati al genere di cui ci si vuole occupare. Per esempio io non riuscirei a concepire uno che voglia scrivere horror senza che abbia mai letto Poe e Lovecraft.

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    1. Se mi cimentassi con l'horror mi rifarei allo stile di Guy de Maupassant, l'unico autore horror che mi piace leggere. Le sue storie mi spaventano ma mi rimangono impresse a lungo, così come quelle del maestro Poe. Gli altri invece li leggo con un occhio chiuso e l'altro mezzo aperto, pronta a saltare il paragrafo se diventa troppo... splatter.

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