29.9.14

Quanto deve essere lungo un romanzo?

IL MIO ROMANZO ORA È DISPONIBILE PER L'ACQUISTO QUI.

Stamattina avrei dovuto scrivere una scena del mio romanzo in cui la protagonista va a cena con persone antipatiche, si annoia, poi va a letto.
Aspettando l'ispirazione ho cercato online immagini di ambienti (vedi foto) e pietanze succulenti, scegliendo un menù adatto alla situazione. L'unico stimolo arrivato al mio cervello è stato quello della fame, la scusa perfetta per perdere un po' di tempo.

A metà pomeriggio sono stata costretta ad ammettere che non avevo per niente voglia di scrivere la scena della cena. All'inizio ho pensato che fosse perché la sera prima avevo scritto fino a tardi e forse i miei poveri neuroni erano ancora in tilt. Poi invece ho capito che era la scena in sé ad annoiarmi, mentre avrei volentieri scritto la scena seguente, in cui la protagonista va a fare il bagno in mare con un bell'uomo. Molto meglio, no?
Da questa considerazione ne sono partite altre riguardo alla necessità o meno di inserire quella scena, sulla lunghezza dei capitoli, sulla lunghezza dell'intero romanzo, e infine sulle tempistiche di realizzazione dell'intero progetto. Come al solito, anziché aggiustare il rubinetto che perde, comincio a disperarmi per lo scioglimento dei ghiacciai.


D: Posso eliminare la scena della cena senza stravolgere gli eventi successivi?
R: No.
D: Occhey… però, posso accorparla ad un'altra scena così da cavarmela in fretta e passare a raccontare del bell'uomo in acqua?
R: Dipende dalla lunghezza del capitolo.
D: E quanto deve essere lungo questo capitolo?
R: Dipende dalla lunghezza del romanzo.

D: E quanto deve essere lungo il romanzo?


R: Renato Di Lorenzo in Scrivete un best-seller dice che la lunghezza di un romanzo standard è di 120.000 parole, realizzabile in tre mesi se si scrivono 2.000 parole al giorno. In realtà queste parole sono solo citate da Di Lorenzo, che le prende in prestito dal grande maestro dell'horror, il famigerato S.K., ma visto che ben 2 dei miei 7 preziosissimi followers si sono recentemente lamentati dell'abuso di quel nome sui lit-blog non ci penso neanche a nominarlo! 
Tornando alla questione lunghezza, ogni lettore ha le sue preferenze. Personalmente, non amo i libercoli di 50 pagine (specialmente se costano 9,99 Euro!) Non faccio in tempo ad entrare nella storia che è già finita. D'altra parte, come scrittrice alle prime armi, non credo sia il caso di tentare una saga alla Shantaram (di 1200 pagine). In genere apprezzo i libri suddivisi in maniera simmetrica, in cui ogni capitolo è circa della stessa lunghezza, con un certo numero di scene piuttosto corte e ben distribuite. Per esempio, come ho accennato nel post sui personaggi, vorrei dividere il mio romanzo in otto capitoli di tre scene ciascuno, come suggerito da Morgan Palmas. Ovviamente in seguito ci sarà un gran taglia e cuci di scene, ma avere una struttura da cui partire mi dà coraggio. 
Facciamo due conti. La trama della mia storia (come di ogni storia) può essere divisa in tre parti: la rottura dell'equilibrio, la ricerca dell'equilibrio, il raggiungimento di un nuovo equilibrio.
Se il romanzo è di 120.000 parole, ognuna delle 3 parti dovrebbe essere di circa 40.000 parole. Ho scritto 12.000 parole finora, quindi un misero 10%.

D: C'è posto per la scena della cena?
R: Anche troppo. Posso tranquillamente stare a spiegare forchettata per forchettata.

Decisa a trovare un motivo logico per non scrivere la dannata scena, mi sono armata di calcolatrice e delle mie vaghe memorie matematiche per scoprire che se scrivo 600 parole al giorno ogni giorno (OGNI giorno) in SEI mesi avrò finito la prima stesura. Purtroppo ho scritto 12.000 parole in 40 giorni, quindi ho una media di 400 parole al giorno, per cui in DIECI mesi finirò la prima stesura.

Alquanto abbattuta da questa scoperta, ho ripescato alcuni e-book che mi sono piaciuti recentemente per vedere quante parole contenevano. Se vi interessa sapere come ho fatto a recuperare il conteggio delle parole, leggete questo paragrafo, altrimenti saltate a quello successivo.
Gli e-book comprati su Amazon (e simili) non sono convertibili, ma quelli scaricati da siti di e-book gratis possono essere tramutati in PDF grazie al programma gratuito Calibre. Ho poi copiato e incollato ogni libro su un nuovo documento di Word. Ho aperto gli strumenti > conteggio parole > intero documento, e ualà. (Può darsi che ci sia un modo più semplice e diretto per raggiungere lo scopo, si accettano volentieri suggerimenti).

Con mio grande godimento ho scoperto che la maggior parte dei testi che avevo scelto contengono tra le 60.000 e le 90.000 parole. Come primo romanzo ho deciso che 80.000 parole possono ben bastare, perciò in SOLI 7 mesi, se tutto va bene, avrò finito la prima stesura. Ora comincio a capire perché dicono che la media di tempo necessario per scrivere il primo libro sia di 5 anni!
Meglio non pensarci. Nel frattempo, non ho ancora scritto la scena della cena, ma mi è venuta di nuovo fame!

L'angolo del follower


Qual è la lunghezza del vostro romanzo ideale? Se avete già terminato il primo romanzo, vi ricordate di quante parole è (o quante pagine ha il libro)? Sapete a priori quanto sarà lunga la vostra storia, o lo scoprite strada facendo? I vostri commenti sono sempre ben graditi.

Buone parole a tutti!

26.9.14

Come nasce un personaggio








Plasmare i personaggi
di un romanzo
è una parte divertente
e in continua evoluzione
del processo di scrittura.





Questa primavera ho scritto le prime cento pagine del mio romanzo, senza preoccuparmi troppo della forma e della correttezza dei contenuti, giocando coi tratti dei nuovi arrivati. La protagonista era bionda all'inizio, poi castana, poi di nuovo bionda; i suoi occhi erano verdi ma dopo tre capitoli diventavano scuri e profondi. L'età, il peso, l'altezza e i difetti di ognuno sono apparsi più volte, rafforzandosi, o sono stati dimenticati, non erano importanti o non erano adatti alla persona.

Quest'estate, quando è stato il momento di rileggere quella prima stesura parziale, ho notato che certe caratteristiche si addicevano più di altre ai vari personaggi, in un certo senso erano cresciuti dentro di me e il loro carattere e stile di vita si stava sempre più definendo. Non c'erano dubbi che Tizio fosse moro, Caia era troppo modaiola per uscire in jeans e maglietta come mi ero immaginata, e addirittura Sempronio se ne era uscito mulatto anziché albino. Bei cambiamenti, no? 


Lasciamo aperta la porta


Le possibilità a nostra disposizione sono talmente tante che sarebbe un peccato fossilizzarsi sulla prima impressione. Così come nella vita reale, i personaggi delle nostre storie crescono nel tempo e cambiano, si arricchiscono. È importante dar loro il tempo di esprimersi, di manifestarsi per quelli che sono veramente. Questo vale sia per l'aspetto che per il carattere, e potrebbe anche influenzare fortemente la trama. Di questo ne parla bene il mio nuovo guru, Anne Lamott, nel suo meraviglioso manuale di scrittura creativa 'Bird by Bird':

NB: (il testo che segue l'ho tradotto io quindi potrebbe contenere differenze dalla traduzione officiale):

Probabilmente non conoscerai i tuoi personaggi per settimane o mesi dopo che hai cominciato a lavorare con loro. Frederich Beuchner scrisse:

Evita di forzare i tuoi personaggi a marciare troppo rigidamente secondo il battito del tuo scopo artistico. Lascia una certa misura di libertà ai tuoi personaggi di essere se stessi. E se un personaggio minore mostra un'inclinazione a diventare protagonista, così come dovrebbe essere, dagli almeno una possibilità, perché nel mondo della narrativa potrebbero volerci molte pagine prima di scoprire chi sono i veri personaggi principali, così come nella vita reale potrebbero volerci molti anni per scoprire che lo sconosciuto con cui hai parlato una volta per mezz'ora alla stazione dei treni potrebbe averti indirizzato verso la tua vera strada più di quanto abbia mai fatto il tuo prete o il tuo miglior amico o addirittura il tuo psichiatra.

Non far finta di saper più sui tuoi personaggi di quanto ne sappiano loro, perché non è così. Rimani aperto verso di loro. È l'ora del té e tutte le bambole sono a tavola. Semplicemente, ascolta.

Mettendo insieme idee e consigli tratti da manuali e altri lit-blog, ho diviso un blocco per gli appunti in varie sezioni (e, sì, ho usato le etichette colorate, sono nerd così, tanto adesso va di moda, no?) C'è una sezione per la 'trama', una per la 'linea temporale', una per le 'mappe', e una per le 'schede personaggi'.


Le schede personaggi


Nella sezione 'schede personaggi' ho riempito un foglio A4 fronte e retro con le stesse informazioni, ripetute per ogni personaggio (l'idea di base è quella proposta da Morgan Palmas).

Eccone un esempio:



Nome: Marino       Cognome: Marini        Alias: /
Età: 37 anni       Nato a: Reggio         il: 1/1/77
Capelli: neri      Occhi: neri            
Altezza: 187cm     Peso: 79 Kg

Carattere: tranquillo, a tratti focoso, dissacrante, rompipalle, insicuro
Vizio: parla troppo, a sproposito, mangia con la bocca aperta

Hobby e interessi: raccogliere funghi, pescare, hiking

Segni particolari: piercing al capezzolo, quando si arrabbia       gli trema il labbro superiore, dimostra dieci anni in più

Come si veste: completo giacca e cravatta anche al mare           d'estate

Voce: roca, bassa, sexy

Fuma? Beve? Droghe? No. Poco. Mai.

Cosa mangia: dieta mediterranea classica, qualche gelato           d'estate, gommose alla liquirizia sempre in macchina

Come dorme: a pancia in su con le braccia lungo i fianchi

Qual è il cibo più datato nel suo frigo: ketchup (comprato per     una cena con gli amici, non gli piace, rimasto lì perché non       lo va mai a trovare nessuno)

Come si descriverebbe (3 aggettivi): intelligente, educato,       classico

Dove vive: a casa dei suoi genitori dopo una convivenza           fallita (dettagli)

Dove lavora: disoccupato dopo impiego fallito (dettagli)

Espressioni: "mai dire mai", "non mi stressare"

Lingue parlate: italiano, dialetto arsan, francese scolastico

Ideali, religione, valori: far soldi, ateo, vivere bene           facendo il meno possibile

Sex: poco e male, etero, ha avuto due relazioni stabili e 9       casuali

Sogni: vincere al gratta e vinci




Relazione con gli altri personaggi:


Figlio di Ava Gatti e Mario Marini


Fratello di Marco Marini


Diventerà amico del protagonista e lo seguirà nel suo viaggio     di lavoro per poi essere licenziato


Perché è nella storia?


La sua inettitudine evidenzia le buone caratteristiche del         protagonista, è il paggetto sfortunato, il personaggio spalla.


La sua famiglia avrà un ruolo formativo nel passaggio da           pubertà a maturità del protagonista.



Per ogni personaggio poi ho cercato e salvato una foto o un disegno che li ritraesse, così quando scrivo di un personaggio, tengo aperta la sua foto e cerco di essere il più precisa possibile nelle descrizioni, che sono il mio punto dolente. Posso metterci anche cinque minuti a descrivere un paio di labbra polpose, rubiconde, lardose, piene, fragolose, floride, fiorenti, rosse. Rosse? No... serve un termine più originale! E così via. (Si accettano suggerimenti…)

Scegliere le foto dei personaggi


Trovare le foto dei personaggi è stato uno spasso. Ho aperto la pagina dei miei amici di Facebook e ho scelto un paio di personaggi minori che saranno semplicemente uguali a quello che sono in realtà. Per la parte del villano avevo pensato all'ex-fidanzato di una mia amica che si era dimostrato molto poco furbo. Dopo aver recentemente scoperto che le era anche stato infedele non ho più avuto dubbi, sarà quella la faccia che finirà per mangiare le pietre quando arriverà la resa dei conti alla fine del libro. 
Del resto, ho provato qualche ricerca su Google Images ma non ho trovato nulla di diverso dalle solite modelle perfettamente truccate e pettinate o attori famosi e siliconati. Invece io cercavo volti freschi, veri, personaggi più credibili, o anche espressioni forti, che mi colpissero, sguardi profondi e bocche lardose. Ho avuto più fortuna su Pinterest, che molti considerano una baggianata da donne, e lo sarà anche, ma con semplici parole chiave tipo 'donna brasiliana mezz'età' o 'ragazza capelli rossi' ho trovato buoni spunti. Ovviamente se possibile conviene mettere le parole chiave in inglese, così si hanno migliaia di risultati in più. Ho raccolto i volti che attiravano la mia attenzione, senza pensare al romanzo e ai personaggi che stavo cercando in questo momento; piuttosto, ho creato un database a cui attingere anche in futuro. Poi, uno per volta, mi sono concentrata su un personaggio e ho guardato tutti quei volti per vedere se ce n'era uno che gli corrispondeva. Ha funzionato benissimo, e se l'idea vi incuriosisce potete fare l'esperimento voi stessi QUI. Mal che vada, vi rifarete gli occhi.


L'angolo del follower


Cosa ne pensate della mia tecnica per la creazione dei personaggi? Credete che funzionerà? Anche voi usate una griglia scritta e foto di persone reali o preferite lavorare di fantasia? I vostri commenti sono sempre ben graditi.

Buone parole a tutti!

22.9.14

I MAGNIFICI SETTE (LIBRI)

Questo post doveva intitolarsi 'I dieci libri che mi hanno cambiato la vita', un simpatico meme che ho visto in giro per i lit-blog la scorsa settimana.
In realtà, dieci son tanti, specialmente se si parla di libri che hanno lasciato un segno indelebile nella mia esistenza. Ne ho trovati sette, ciascuno dei quali mi ha appassionato e ispirato, in momenti diversi, per motivi diversi. Anche se sono storie fittizie i loro personaggi mi sono cari e le loro storie sono favole che mi porto dentro. Ci sono altrettanti libri di non fiction che hanno sortito il loro effetto sulla mia labile psiche, ma per non appesantire il discorso oggi li lascerò nella 'To do list'.


Ecco l'elenco dei magnifici sette (libri):
troverete pochi riferimenti alla trama dei romanzi, perché personalmente preferisco gettarmi in un libro a scatola chiusa, o quasi. Ho inserito invece alcuni aneddoti personali, perché ho aperto il de agostibus da meno di un mese e ho voglia di raccontarmi, di presentarmi a chi si prenda la briga di visitare il blog.


#1: Isabel Allende La casa degli spiriti (La casa de los espiritus, 1982)

Come ho già accennato nella recensione de Il gioco di Ripper, il primo libro di Isabel Allende che mi capitò tra le mani fu proprio il suo più primo e, ancora oggi, il più famoso. La casa degli spiriti contiene la giusta dose di magia per conquistarmi completamente. Ricordo perfettamente una sera in cui ero uscita in motorino con gli amici ma non riuscivo a pensare ad altro che andare a casa a proseguire la lettura di quella storia incredibilmente fantastica. Ero in quella fase della vita in cui si impara la crudele ineluttabilità della morte. La mia mente era concentrata sullo studio dei meccanismi emotivi, il mio cuore straripava di nostalgia, e le sofferenze di Clara, Bianca e Alba furono un balsamo lenitivo di cui ricordo ancora l'aroma.

#2: Kazuo Ishiguro Non lasciarmi (Never let me go, 2005)

Di Kazuo Ishiguro adoro tutto, ma Non lasciarmi è la scelta obbligata per tre motivi.
- Mi ha aperto gli occhi su un tema di cui non conosco molto ma che sicuramente avrà un impatto sempre più tangibile sulle nostre vite: la clonazione. 
- Mi ha svelato il mondo della narrativa giapponese, che ho poi divorato instancabilmente per un paio d'anni, conquistata dalla coesistenza di uno stile lento e pacato per raccontare contenuti crudi, imbarazzanti o addirittura psicopatici.
- Mi ricorda la mia vita londinese, i viaggi in metropolitana tra casa e lavoro, quaranta minuti due volte al giorno col cappuccio in testa e il naso tra le pagine di un libro.

#3: Luis Sepùlveda Il vecchio che leggeva romanzi d'amore (Un viejo que leìa novelas de amor, 1989)

Ci rispostiamo in Sud America, patria di tanti grandi narratori che ho amato. Avrei potuto scegliere Coelho o Garcìa Marquez, ma Luis Sepùlveda ha un posto speciale nel mio cuore perché Il vecchio che leggeva romanzi d'amore è il primo libro che ho letto in Spagnolo. Leggevo ad alta voce armata di dizionario e matita, assicurandomi che non ci fosse nessuno nei paraggi a ridere del mio accento. Sono grata di aver imparato, perché per me un libro tradotto perde sempre parte del suo fascino.

#4: Tracy Chevalier La vergine azzurra (The virgin blue, 1997)

Dopo aver letto e apprezzato La ragazza con l'orecchino di perla ho cominciato a seguire Tracy Chevalier, una delle poche scrittrici americane che apprezzo. Dei suoi sette romanzi, ho gustato lo stile unico, le idee originali, la ricerca approfondita degli argomenti trattati. La vergine azzurra mi ha tenuto sveglia la notte, cosa che purtroppo mi succede sempre più raramente, perché i nuovi best seller raramente mi conquistano a tal punto (o forse è solo l'età che avanza).

#5: Jonathan Coe La casa del sonno (The house of sleep, 1997)

Ho sempre avuto un debole per lo stile britannico alla Nick Hornby. Recentemente alla lista si è aggiunto il giornalista del Guardian Chris Cleave, una scoperta fortunata. Al primo posto però rimane Jonathan Coe, di cui attendo i nuovi romanzi sbavando come il cane di Pavlov. La casa del sonno è un idea molto originale, di quelle che ti lasciano a chiederti come avrà fatto a pensarci, e perché non ci ho pensato prima io.

#6: Alessandro Baricco Mr Gwyn (2012)

L'ultimo arrivato e subito finito nella top 7, Mr Gwyn è il primo romanzo di Alessandro Baricco con una vera trama e un finale ben definito. Ho già pubblicato la mia recensione ma ho voluto aggiungerlo anche qui perché sto usando il suo stile e la forma del dialogo come ispirazione per il mio romanzo. Inoltre mi pareva dovuto avere almeno uno scrittore italiano tra le mie influenze letterarie.

#7: Cecelia Ahern Un posto chiamato qui (A place called here, 2006)


Cecelia Ahern è la donna che avrei voluto essere ma ormai non sarò più, quella che a vent'anni ha scritto PS: I love you e ha avuto un successo clamoroso (è anche la figlia dell'ex-Primo Ministro irlandese, che in questi casi aiuta). In realtà, avrà anche avuto vita facile, ma il talento e la fantasia non le mancano. I suoi libri sono semplici e leggeri ma non sono scontati, né rosa. C'è sempre un po' di magia che si intrufola nella vita reale, per far sognare il lettore senza scadere nell'assurdo. In Un posto chiamato qui, per esempio, il tutto parte dalla domanda: dove andranno a finire le calze spaiate? Se le ingoia la lavatrice? Perché, nemmeno cercando e ricercando, non si trovano mai più? Anche in questo caso, chapeau all'originalità, vorrei averci pensato io.



L'angolo del follower


Cosa ne pensate dei libri che ho scelto? Abbiamo gli stessi gusti letterari? Che libri ci sarebbero nel vostro elenco? Se avete partecipato al meme, aggiungete il link ai vostri commenti, come sempre ben graditi.

Buone parole a tutti!

18.9.14

I sette pilastri dello scrittore di successo



covey




Questo post si ispira alle teorie contenute nel manuale The seven habits of highly effective people (1989) di S.R. Covey, tradotto in italiano col nome I sette pilastri del successo e recentemente ripubblicato col nome Le sette regole per avere successo.







Come è nata l'idea di questo post


Ai tempi dell'Università di Psicologia facevo parte di quella categoria di giovani intellettualoidi che ridicolizza i manuali di auto aiuto "all'Americana", libri riduttivi e semplicistici che pretendono di curare qualsiasi patologia con una semplice lista di luoghi comuni e regole di buon senso. 
Però, Paese che vai, usanze che trovi, e un giorno sul mio tavolino da caffè comparve il pesante tomo dei Sette pilastri. Il ragazzo che lo leggeva stava vivendo sul mio divano da sei mesi, dopo aver perso il lavoro, la fidanzata, e l'autostima. Passava le giornate a fumare e dormire. Magicamente, nel giro di poche settimane, si trovò un lavoro da promotore finanziario, un appartamento a Vancouver, e un sorriso brillante. In eredità mi rimasero due paia di calze spaiate e il manuale che mi accingo a presentarvi.

L'idea dietro i sette pilastri del successo


Nel 1989, a chi gli chiedeva come avesse avuto l'idea per il best seller con più di 15 milioni di copie vendute che è alla base della Frankley Covey Foundation (da cui derivano i corsi di business management oggi offerti nelle aziende di tutti il mondo), Stephen R. Covey spiegava di non aver inventato nulla, ma di essersi limitato a raggruppare le idee alla base delle filosofie, delle religioni e del senso comune. Le aveva sperimentate su se stesso e sulla sua numerosa famiglia, poi le aveva spiegate con parole semplici e accessibili. Qualche anno fa Covey è deceduto, lasciando dietro di sé migliaia di adepti, milioni di dollari, decine di nipoti e sette verità valide per chiunque.

I sette pilastri del successo, visti attraverso l'occhio dello scrittore


Di seguito elenco le sette regole divise per aree e focalizzandomi sulla loro validità per chi si applica alla professione di scrittore. Le opinioni e i consigli che seguono sono miei personali, NON sono contenuti nel manuale di Covey, anche se ad essi si ispirano.


covey



Area personale o dell'Indipendenza

Pilastro 1: Be proactive / Essere proattivi.

Anziché reagire all'ambiente circostante, dovremmo cercare di controllare le situazioni in cui ci troviamo, usando la forza di volontà e favorendo gli accadimenti che ci auguriamo. Come scrittori, dunque, dovremo imparare a programmare le giornate in modo da avere il tempo e la tranquillità necessari alla scrittura anziché lasciare che gli impegni e i bisogni degli altri diventino una scusa per non mettersi alla scrivania.

Pilastro 2: Begin with the end in mind / Partire pensando alla fine.

Per raggiungere il massimo dell'efficienza nelle nostre azioni è importante concentrarsi sul risultato desiderato e impegnarsi nelle attività che contribuiscono a raggiungere quello scopo. Come scrittori, dovremo perciò prefiggirci un obiettivo preciso, per esempio: "desidero vedere pubblicato il libro che ho in mente di scrivere entro il 2016", e impegnarci nelle attività che porteranno al raggiungimento dello scopo (cioè: scrivere, scrivere, scrivere).

Pilastro 3: Put first things first / Dare precedenza alle priorità.

La decisione della mente diventa azione fisica, reale. Se la scrittura non è più una passione, ma è la nostra priorità, allora lo scrivere è necessario alla realizzazione personale. Di conseguenza, non costerà troppa fatica rinunciare a un lavoro, uno status sociale o qualsiasi altra condizione che non ci permette di diventare chi veramente siamo. 
Se guardo alla mia vita, ho ottenuto sempre e solo ciò che ero sicura di volere, ciò che sentivo proprio mio, ciò a cui ero inesplicabilmente attratta: viaggiare, per esempio. A chi mi chiede come riesco a dormire la notte sapendo che la mia famiglia è lontana e in qualsiasi momento potrebbe aver bisogno di me, rispondo che spesso non dormo, la notte, per questo motivo. Ma l'insonnia è un sacrificio ben minore di quel che sarebbe vivere una vita che non fa per me, rinchiusa, limitata. 
Se lo scrittore sente che scrivere è ciò che deve fare, che lo metta al primo posto d'ora in poi, sacrificando anche la famiglia e i viaggi.


Area interpersonale o dell'Interdipendenza

Anche se otteniamo la massima evoluzione come individui non raggiungeremo mai i livelli di successo che potremo ottenere se accettiamo di aver bisogno degli altri. L'interdipendenza è il gradino successivo all'indipendenza.

Pilastro 4: Think WIN-WIN / La filosofia WIN - WIN.

Delle quattro combinazioni possibili (io vinco, tu perdi; vinci tu, perdo io; tu perdi, io perdo; vinco io, vinci tu) l'unica che porterà al successo è la filosofia WIN - WIN (vinco io, vinci tu). La comune credenza occidentale è che solo se tu perdi io possa emergere vincitore. La competizione aziendale, il capitalismo, il rapporto uomo-Natura ne sono esempi eclatanti. Parlerò più approfonditamente di questi temi prossimamente, per ora mi concentrerò sull'apporto di questa filosofia nella vita dello scrittore. 
Prendiamo l'esempio fittizio della Gentile Sig.ra Culetto Rosa, che ha appena pubblicato un romanzo diventato best seller. La mia reazione istintiva potrebbe essere di provare invidia per Rosa, questa sfrontata vergognosa senza talento che si sarà sicuramente gettata tra le braccia di qualche famoso editore per arrivare sul podio. Oppure potrei leggere il libro, apprezzare gli anni di sforzi spesi da Rosa per realizzare il suo sogno, gioire del fatto che nonostante ci siano cinque scrittori per ogni lettore in Italia ci sia ancora spazio per gli autori emergenti, e scrivere un paio di righe o un guest post sul blog di Rosa per farle sapere che anch'io, come lei, punto in alto. Quale di questi due pensieri ha più probabilità di portarmi al successo? (Il secondo, se non s'era capito…)

Pilastro 5: Seek first to understand, then to be understood / Cerca prima di capire, poi di essere capito.

Solo se avremo ben chiaro cosa vogliamo dire con la nostra scrittura, perché scriviamo e per chi scriviamo potremo spiegarci bene, trasmettere le emozioni che desideriamo, giungere a conclusioni sensate. C'è chi preferisce programmare trama e intreccio dei personaggi prima di cominciare a scrivere, c'è chi lo fa strada facendo. L'importante è farlo, o il lettore non ci capirà e non sentirà ciò che vogliamo trasmettere.

Pilastro 6: Synergize / Lavorare in sinergia.

L'abitudine alla cooperazione creativa è alla base del blogging. Quando ho cominciato a seguire i blog sulla scrittura creativa ho scoperto una community di scrittori che condividono idee, consigli, meme, si motivano, si influenzano e si seguono a vicenda. Nei giorni di pagine vuote e senza Musa, questa compagnia è diventata per me insostituibile. Per questo motivo ho deciso di aprire il de agostibus, e ne approfitto per ringraziare i followers e i visitatori dell'inaspettato supporto.

Pilastro 7: Sharpen the saw / Affilare la propria lama.

Mai sedersi, mai gongolarsi, mai credersi arrivati, mai darsi per vinti. Puntiamo sempre a migliorarci, a dare il massimo, a fare di più. Ricordiamoci anche (aggiungo io) di darci una pacca sulle spalle, ogni tanto. Ci vuole tanto coraggio per trasformare un sogno in un obiettivo.


Spero di aver stimolato la vostra voglia di successo, cosa ne pensate di questi consigli? Li sentite vostri? Quale vi rappresenta di più, e quale non seguireste?
I vostri commenti sono sempre ben graditi.

Buone parole a tutti!


14.9.14

La pagella dello scrittore

Questo post nasce da un meme che è stato proposto da Daniele Imperi e poi condiviso da Chiara Solerio,  Sam BSalvatore Anfuso e Spartaco Mencaroni. Contattatemi se anche voi avete partecipato al meme così posso aggiungere il link. 

Finalmente anch'io compilo la pagella

Questi consigli di scrittura sono stati estrapolati dal libro On Writing, autobiografia e manuale di scrittura scritto dal mitico Stephen King. Dei circa quaranta manuali che ho letto questo è sicuramente il mio preferito, anche se al momento sto leggendo Bird by bird di Anne Lamott e credo che potrebbe finire sul podio. L'inizio, almeno, è più che allettante.
In questi mesi ho letto le pagelle degli altri blogger e ho imparato molto, mi sono divertita a conoscere meglio la persona dietro il post ma ho anche preso spunto dal vostro impegno, ho cercato di imitare i vostri punti di forza, evitare gli sbagli e imparare le lezioni che avete appreso con l'esperienza.
Non vedevo l'ora di vedere il mio blog pronto e pubblicato per poter partecipare anch'io. Oggi con piacere compilo la mia pagella, e speriamo che il Professor King non mi bocci.
#1 – Smetti di vedere la televisione. Leggi invece il più possibile
I libri sono sempre stati il mio pane quotidiano, leggo cinque o sei libri alla volta, specialmente da quando ho il Kindle, che mi permette di viaggiare portando la libreria con me. La televisione non mi piace, la trovo irritante e sciocca. Ho amato programmi stupidi sapendo che erano stupidi ma dopo un po' sono sempre rinsavita. Qui in Canada mi diverto a guardare la TV per ridere delle cose che gli americani trovano 'cool' ma dopo un'oretta sono già appagata. Più preoccupante è il mio attaccamento al web e ai videogiochi, ma per fortuna qui si parla solo di TV, quindi… Voto: 9
#2 – Preparati a più fallimenti e critiche di quanto pensi di poter affrontare
Di solito i miei desideri si avverano ancor prima che abbia finito di esprimerli, sono viziata e permalosa, quando arriveranno i fallimenti sarà dura. Per quanto riguarda le critiche invece, sono preparatissima, grazie a mia madre che non me ne lascia passare una. Voto: 4
#3 – Non perdere tempo a cercare di piacere alla gente
Bel consiglio, più facile a dirsi che a farsi. Potrei darmi un dieci e lode per non cercare di piacere alla gente nella vita di tutti i giorni, però quando si tratta di scrivere soffro di ansia da prestazione e insicurezza, se penso che qualcuno mi leggerà mi si atrofizzano le dita sulla tastiera, stanno lì a gonfiarsi come involtini primavera. Quindi… Voto: 4
#4 – Scrivi soprattutto per te stesso
Non credo si possa scrivere per altri. Si può scrivere per un concorso, per un'antologia, per il blog, ma non si può farlo che per se stessi. Voto: 10.
#5 – Affronta le cose che sono più difficili da scrivere
Le descrizioni sono la mia croce. Vorrei rendere l'idea di un volto di un certo tipo, ma finisco sempre per cambiare la fisionomia a seconda di ciò che suona meglio sulla carta. Gli ambienti, le sensazioni non sono mai esattamente come vorrei esprimerle. Spero che con l'esperienza migliorerò. Anche in questo caso… Voto: 4.
#6 – Quando scrivi, stacca dal resto del mondo
Questo non è un problema, non solo perché vivo immersa nella natura e i miei amici sono tutti oltreoceano, ma anche perché ho sempre avuto la testa fra le nuvole. Mi capita spesso che la gente mi chieda a cosa sto pensando quando mi incanto a guardare nel vuoto nel mezzo di una conversazione. Ho anche il vizio di fissare la gente senza rendermene conto, mi rilassa vedere qualcuno che cucina, una donna che si trucca, un bambino che fa i suoi giochi. In realtà fisso senza guardare, sto pensando a tutt'altro, ma mi è stato fatto notare che il mio vizietto è molto fastidioso. In questo caso, però, gioca a mio favore. Voto: 10.
#7 – Non essere presuntuoso
Se mai lo sono stata, rileggere il primo romanzo che ho tentato di scrivere mi ha curato di qualsiasi presunzione. Non nego di essermi concessa di sognare un successo inaspettato e repentino quando finalmente mi fossi prefissata di scrivere professionalmente anziché riempire diari su diari di idee e flussi di coscienza. La verità è che quel primo tentativo non ha alcuna speranza di vedere la luce, e lo tengo come monito per il futuro, di sicuro non mi monterò la testa. Voto: 7.
#8 – Evita avverbi e paragrafi lunghi
Non concordo col professore in questo caso, il che di sicuro non aiuterà la mia pagella. Ho deciso di non preoccuparmi di prologhi, avverbi, incipit e flashback. Ogni volta che leggo consigli di scrittura del tipo 'non iniziare descrivendo il tempo atmosferico', 'evita il flashback', 'il prologo è una tecnica superata' mi capita poi di leggere l'ultimo bestseller e puntualmente comincia con «Era Novembre. In cielo già abbuiava quando svoltai in Laundress Passage, anche se non era tardi» (incipit di La tredicesima Storia di Diane Setterfield). Voto: 3.
simpsons#9 – Non farti coinvolgere troppo dalla grammatica
La grammatica la conoscevo bene ma l'aver vissuto all'estero per gli ultimi dodici anni ha fatto sì che il mio linguaggio sia un misto panna confuso e accentato. Quando parlo in inglese la gente mi chiede se sono russa. In italiano invece parlo come Apu dei Simpson, mentre in spagnolo a quanto pare ho l'accento americano. Questo caos si riflette sulla mia scrittura, quindi ci vorrà del tempo per riuscire a scrivere correttamente. Per fortuna il Prof stavolta è dalla mia parte. Voto: 10.

#10 – Padroneggia l’arte della descrizione
Come ho spiegato al punto cinque, le descrizioni sono la mia croce, e spesso non ho la pazienza né la voglia di lavorare per migliorarmi. Voto2.
#11 – Non dare troppe informazioni sull’ambiente
Se ciò significa non dilungarsi in descrizioni, non c'è pericolo. Piuttosto mi scordo di descrivere l'ambiente del tutto, il mio focus è sempre sui personaggi e su ciò che pensano e dicono. Voto: 8.
#12 – Racconta storie su ciò che la gente fa realmente
writingQuesto consiglio mi pare in opposizione con il famoso motto di Alfred Hitchcock. Se raccontassimo davvero ciò che la gente fa realmente nessuno vorrebbe leggerci. D'altra parte però quando scrivo mi attengo strettamente ad azioni e dialoghi che siano il più possibile reali, credibili. Facendo la media… Voto: 6.
#13 – Rischia; non giocare sul sicuro
Rischiare mi spaventa, non mi sento abbastanza sicura della mia scrittura per spiccare il volo. Per il mio romanzo, avevo scelto una trama rischiosa, ma l'ho dovuta ridimensionare perché il compito era al di là delle mie abilità e mi ero impantanata, non scrivevo più. Forse ci vorranno anni prima di osare veramente. Voto: 3.
#14 – Mettiti in testa che non hai bisogno di droghe per essere un valido scrittore
Purtroppo o per fortuna non ho mai assunto droghe pesanti. Quando bevevo avevo ben altro da fare che scrivere. Parlo al passato perché due anni fa a causa del mio stile di vita viandante e scapestrato il mio stomaco è andato in sciopero, e adesso vivo di tisana al finocchio e riso in bianco. Voto: 10.
#15 – Non cercare di rubare la voce di qualcun altro
Non ci ho mai provato, anche se avrei voluto. Ho scritto una storiella ispirandomi allo stile di Baricco, che mi piace moltissimo, ma ne è uscito nulla. Non ho nemmeno trovato la mia voce ancora, ma sarà la mia, e di nessun altro. Voto: 7.
#16 – Comprendi che la scrittura è una forma di telepatia
Se rido mentre scrivo il lettore sorriderà. Se sorrido il lettore non proverà alcuna emozione. Solo trasmettendo messaggi forti questi verranno recepiti e la telepatia funzionerà. Non so ancora se so farlo, quindi mi darò un sei politico. Voto:6.
#17 – Prendi sul serio la tua scrittura
Penso che aprire il blog sia stato il segno tangibile del mio impegno a scrivere. Dopo quasi due anni di tentativi ed errori, non ho perso l'entusiasmo, e mi sento di promettere che non lo perderò. Voto: 10.
#18 – Scrivi ogni singolo giorno
Caro Professore, ci provo, ci riprovo, ma ad essere sincera non ce la faccio. Il mio corpo e la mia mente sono troppo scostanti per mantenere questa promessa. Voto: 2.
#19 – Finisci la prima stesura in tre mesi
Tre mesi? Tre anni? Che differenza fa… Temo proprio che verrò bocciata. Voto: 2.
#20 – Quando hai finito di scrivere, fai un lungo passo indietro
Se mai finirò di scrivere, lo farò. Voto: 6 politico.
#21 – Abbi il coraggio di tagliare
Questo lo so fare anche troppo bene, ci sono capitoli interi che hanno tirato le cuoia ancor prima di vedere la luce. Tendo a scrivere troppo poco, rendendo il testo criptico a chi lo legge, per paura di scrivere troppo e poi dover tagliare. Per stavolta, andiamo bene. Voto: 8.
#22 – Cerca una relazione stabile, stai in salute e vivi una buona vita
Questo è il mio nuovo motto. Stare in salute e ripigliarmi dai bagordi dei miei viaggi, apprezzare il sole, la natura e l'amore che mi circondano, imparare a condividere la vita con qualcuno che non sia il mio zaino. È una lotta costante contro il desiderio di andare, vivere alla giornata, lasciando i problemi per un altro giorno. Ma per ora… barcollo ma non crollo. Voto: 8.

Un sei striminzito, e voi?

Non sono brava in Matematica ma se non sbaglio passo a malapena l'esame, con un 6 striminzito. Per fortuna anche gli altri blogger che hanno partecipato non hanno preso 10 e lode quindi mi tengo stretta la mia sufficienza e vi dò l'appuntamento al prossimo meme!
E a voi com'è andata? Avete compilato la pagella? I vostri commenti sono sempre ben graditi.
Buone parole a tutti!



10.9.14

L'organizzazione del tempo dello scrittore


Scrivere stanca. Nonostante il movimento fisico richiesto dall'atto dello scrivere sia quasi nullo, per la maggior parte delle persone scrivere è faticosissimo e in genere, dopo una sessione di un'ora o poco più, ci si sente spompati, spesi. Ci sono sicuramente eccezioni a questa regola, a volte capita di sentirsi rinvigoriti dopo aver scritto un pezzo che ha suscitato in noi emozioni forti, che siamo certi (almeno sul momento) che avrà successo, o quando finalmente si mette la parola FINE a un racconto o (chissà un giorno) a un romanzo. In alcune occasioni scrivere mi ha aiutato a elaborare un pensiero o un'emozione, mi è capitato di scrivere haiku miracolosi a ritmo di dubstep e stringhe catartiche strabordanti di significati che mi hanno tenuto sveglia la notte (per poi trovarmi il mattino successivo devastata e incapace di mettere in fila due parole o di compilare la lista della spesa). 

In generale, però, la scrittura ci provoca due tipi di reazione:

- un tiepido senso di stanchezza appagata, una soddisfazione generalizzata associata a sorrisino ebete (e calumet della pace); il desiderio di condividere con le stelle e lo spazio la certezza inconfutabile che la vita è meravigliosa;

oppure

- un'atavica insofferenza nei confronti del nostro essere e dei buchi neri infiltratisi nel nostro cervello, un sentimento di scherno per tutto ciò che puzza di ottimismo e di speranza; un desiderio incontrollabile di cambiare nome e cognome.


Queste reazioni sono normali e dobbiamo imparare a gestirle. Quindi, per ottimizzare le risorse e il tempo a disposizione, uno scrittore deve organizzare ogni giornata suddividendola in tre diverse aree a cui assegnare tre diversi tipi di energia creativa:

1) il tempo della scrittura: scriviamo ogni giorno alla stessa ora, per aiutare il processo creativo, per abituare il corpo alla sedentarietà, per sincronizzare il rilascio degli ormoni, per focalizzare la concentrazione tramite la creazione di una routine piacevole e priva di distrazioni. Scriviamo quel che ci viene in mente, o quel che ci siamo prefissati di scrivere, impiegando tutte le nostre energie e pregando che la Musa ce la mandi buona;

2) il tempo dei corollari alla scrittura: teniamo a portata di mano una lista delle varie incombenze correlate al mestiere di scrittore. Ecco alcuni esempi:

- compilare la sinossi del romanzo, editare la biografia dell'autore, aggiornare la lettera di presentazione alle Case Editrici;

- postare sul proprio blog, aggiornare il profilo, prendersi cura dei propri followers, scrivere eventuali guest post, rispondere a interviste;

- leggere altri blog di scrittura creativa, postare commenti, crearsi una rete sociale di supporto secondo la filosofia win-win ;

- fare ricerche online, in biblioteca o tramite contatti con esperti nel settore su ciò di cui ci stiamo scrivendo al momento, ma anche sulle Case Editrici e sull'autopubblicazione;

- se si sta scrivendo un romanzo, fare le schede dei personaggi, la linea temporale, descrivere (o disegnare) le mappe degli ambienti, interni ed esterni;

- se si sta scrivendo un libro non di narrativa, come un saggio o un manuale, aggiornare la bibliografia e le note a margine, controllare le proprie risorse d'informazione, compilare l'indice;

- fare un prospetto temporale ed economico delle risorse spendibili per il completamento del progetto, per avere le idee chiare su quante parole al giorno scrivere e di che passi muovere nel labirinto selvaggio dell'editoria;

- organizzare l'aspetto commerciale della propria attività: la vendita dei libri, eventuali interviste, la pubblicità sui social media, le pubblicazioni future.

3) infine, è anche importante concedersi il tempo del riposo del Guerriero. Arrovellarsi troppo e ruminare giorno e notte porta solo all'esaurimento. Fare altro, vedere gente, rilassarsi, prendere il sole, festeggiare, fare sport, amare, leggere senza soffermarsi sullo stile e la grammatica ma solo per il gusto di un buon libro, è un toccasana per uno scrittore vincente, così come per qualsiasi altro mestiere. 
E mentre saremo distratti a goderci la vita, il nostro subconscio suggerirà all'Io il nome perfetto per quel personaggio a cui abbiamo pensato tutta settimana. E domattina ci sveglieremo con un «Ma certo! Come ho fatto a non pensarci prima? Si chiamerà Felice Mastronzo! E sua moglie? Immacolata Sottolano! (Altri nomi buffi qui)
















Miciolina Kapkunkah, Thailand, 2008





Ora tocca a voi, scrittori: come organizzate il vostro tempo? Vi rivedete in questa suddivisione dei compiti? Vi piace pianificare ora per ora o affrontate ogni giornata come viene? I vostri commenti sono sempre molto graditi.


Buone parole a tutti!

6.9.14

Volete scrivere 8500 parole al giorno?



Meglio scrivere per sé stessi e non aver pubblico, che scrivere per il pubblico e non aver sé stessi - Cyril Connolly


Queste bellissime parole scritte a metà del secolo scorso sono ancora valide? O per sopravvivere nella selva dell'autopubblicazione è necessario vendersi al clan degli scrittori senz'anima?

Dopo due mesi di vacanza italiana sono tornata alla mia 'casetta in Cannadà', come dice la canzone, e ho trovato uno scenario apocalittico, con tanto di PlayStation4 nuova di pacca attaccata ad un videoproiettore formato cinema in sala da pranzo, cinque ragazzoni quarantenni con la birra in bilico sull'ombelico sepolti tra pacchetti di patatine e football col rutto libero, e un giardino lasciato in balia di orsi, procioni, caprioli e coyotes. 
Della serie, ci manca solo la iena ridens. Io, di sicuro, non ho nulla da ridere… Ammetto di non essere mai stata Miss Brillio, non mi spezzo la schiena a lucidare tutti i giorni, ma a tutto c'è un limite, per cui oggi, armata di auricolari e stivali di gomma, rimedierò allo scempio, e nel mentre ascolterò i consigli di scrittura creativa del 'Dead Robot's Society'.









I podcast del Dead Robot's Society


Registrati da scrittori emergenti, per scrittori emergenti, i podcast di Paul, Terry e Scott sono facili da capire (nonostante i conduttori siano disseminati tra Texas e South Carolina) e fanno compagnia come quattro chiacchiere tra amici.
I temi discussi includono il self-publishing, l' editoria, l'uso degli avverbi e come creare l'incipit perfetto. Ci sono circa 400 podcast sul sito, durano in media un'oretta e alcuni includono interviste a scrittori affermati. 
L'episodio 327 invita come ospite lo scrittore Jake Bible e parla di "scrittura alla velocità della luce"; mi ha lasciato senza parole e vorrei discuterne con voi oggi.


Jake Bible e la scrittura alla velocità della luce


Due contratti con due case editrici, una famiglia a carico, 8500 parole al giorno. Ecco i numeri di Jake Bible, definito un narcisistico insopportabile figlio di Pi, famoso per i suoi racconti di Zombie e Mostri. 
Jake Bible scrive in media un romanzo al mese, al momento sta scrivendo 'Zburbia 4 - Cannibal Road' e dice che cercherà di sfruttare gli zombie di Zburbia almeno per altri due romanzi, poi probabilmente non ne potrà più e sarà costretto a inventare nuovi personaggi. 
Il prossimo mese ha in programma di scrivere 'Mega 3', una serie su squali mutanti giganti, in più altre storie splatter che scrive di fretta e che, dice, non ha tempo di editare più di tanto. E ci credo.


Come fa Jake Bible a pubblicare un romanzo al mese?


Jake Bible si è prefissato un limite di almeno 5000 parole al giorno, 5 giorni a settimana, per 3 settimane. In una buona giornata arriva a scrivere fino a 8500 parole, il che gli permette di equilibrare giornate meno produttive.
La quarta settimana è dedicata all'editing della prima stesura, la stampa e un secondo editing armato di penna rossa. La casa editrice gli rimanda poi la storia corretta che lui scorre velocemente, saltando da commento a commento, senza rileggere il testo per intero. In genere accetta le modifiche senza discutere e dà l'OK per la copertina e l'impaginazione. Dopo un paio di settimane il libro è pubblicato e disponibile per l'acquisto. 


Come fa Jake Bible a mantenersi?


La paura è la motivazione più forte a scrivere. Non avere altre entrate oltre all'assegno mensile con l'anticipo per il romanzo che deve essere consegnato in tre settimane fa sì che Jake Bible scriva le sue 5000 parole al giorno, non importa se son buone, non importa se gli piacciono. 
La pubblicità automatica su Twitter e altri social media aiuta a spargere la voce dei nuovi libri in uscita ma l'autore ammette di non avere tempo di controllare o commentare ciò che i suoi followers gli scrivono perché, appunto, ha a malapena il tempo di portare i suoi figli dal dentista. Oltre all'assegno mensile, che equivale circa a una busta paga media (se dovessi indovinare direi che prende circa 1500 USD al mese) Jake riceve le royalties sui libri già usciti, che sono, a detta sua, più di quanto si aspetterebbe di guadagnare per il tipo di prodotto fornito.

Volete scrivere 8500 parole al giorno?


Tornando a noi, vi ho riassunto i punti focali di questa intervista perché mi ha fatto riflettere su che tipo di scrittore vorrei essere. 
Se io fossi Jake Bible sarei depressa e isterica, odierei la scrittura e il mondo dell'editoria, non proverei più alcun piacere nel mettere nero su bianco le mie idee. 
Le meraviglie si attaccano... mai dire mai... ma preferirei scrivere un solo romanzo in tutta la vita piuttosto che spremere 8500 parole che avrò a malapena il tempo di rileggere. Proverei vergogna nei confronti dei lettori che spendono tempo e soldi per leggermi. Ciò che leggo deve insegnarmi qualcosa di nuovo, ciò che scrivo deve arricchire il lettore, possibilmente fargli provare le stesse emozioni che ho provato anch'io. Scrivere è una condivisione che richiede riflessione, impegno, voglia, pazienza, tempo.

Voi cosa ne pensate? Sono rimasta al secolo scorso? Sareste disposti ad un impegno del genere pur di poter dire che il vostro mestiere è quello dello scrittore? I vostri commenti sono sempre molto graditi. 

Buone parole a tutti!


faccio una pausa, e arriva subito Mister Curiosini

2.9.14

BENVENUTI SU DE AGOSTIBUS

Questo blog nasce dalla voglia di condividere la mia passione per i libri con la community di scrittori italiani. Dopo un anno di blogging in inglese su ALL YOU CAN WRITE ho scoperto che mi mancava l'ironia e la dolcezza dell'italiano e sono partita per un viaggio diverso, stavolta armata di dizionario anziché di biglietto aereo. 

Ho pensato molto a che taglio dare al mio blog per renderlo unico e interessante. Per tre mesi ho rotto i cocones a tutti i blogger e gli amici chiedendo, studiando, cambiando una parola in un post per poi rimetterla com'era il giorno dopo. Alla fine se mi chiedete che tipo di blog ne è uscito, vi direi che è bipolare; certi post sono seri e impegnati, altri sono dissacranti e sarcastici; e proprio così sono io, e per questo ho scelto il titolo de agostibus, perché io sono la Lisa Agosti e finisco sempre per fare quel che mi pare secondo i miei gusti e senza dar retta a nessuno. 

Nei prossimi giorni appariranno le pagine coi contatti e la possibilità di iscriversi al blog, devo prima finire di litigare con google e DSN e hosting vari.

Per chi volesse informazioni più dettagliate su di me e sulla mia storia, continuate a leggere. Altrimenti staccate il wi-fi e tornate a scrivere!

Su di me e su come sono arrivata qui oggi


In famiglia mi chiamano "la vagabonda" perché nessuno sa quando parto né quando arrivo, ma ormai si è capito che tanto ferma non ci so stare. 

Dirvi chi sono non lo so, i puntini non si sono ancora uniti per me. Le uniche costanti della mia vita sono i libri e gli amici, e li porto sempre tutti con me, i primi stipati in testa, i secondi a scaldarmi il cuore.

Sono nata in autunno, c'erano i baracconi in città, tutti sul bruco mela e il calcinculo con le mani appiccicose di zucchero filato. 
A quattro anni scrivevo e riscrivevo il mio nome in stampatello a colori mentre mia nonna sferruzzava all'uncinetto e mi raccontava di quando aveva rubato una gallina per comprarsi i collant per andare al ballo.
A dieci anni la maestra scrisse di me: "Lisa, di libri gran divoratrice, da grande farà la scrittrice".
Invece, il giorno dopo la Laurea in Psicologia Clinica dell'Infanzia partii, zaino in spalla, per andare a vedere cosa c'era di là dal cancello. Sono passati dodici anni da quel giorno e ancora non mi sono messa l'anima in pace che proprio tutto, questo meraviglioso Mondo, non potrò vederlo.

Come ogni backpacker, tengo il conto di quanti Paesi ho visitato, odio i turisti e so parlare un po' di tante lingue. Se mi aveste incontrato lungo la via, mi avreste trovata intenta a pubblicare articoli su ricerche scientifiche, a pulire cessi in un ostello, a contare le stelle cadenti, a spidocchiare bimbi nelle favelas, o a servire aragoste a piedi scalzi.  Quando da grande, seduta in poltrona, guarderò indietro, penserò alla grazia degli squali, all'aroma dei sigari cubani, alla scarica d'adrenalina dell'attimo in cui ci si  lancia da un aereo a quindicimila piedi d'altezza.

A Reggio Emilia ci tornerei, anzi ho sempre più voglia di ritrovare i piccoli piaceri italiani, i campi di grano al sole, le chiacchiere in dialetto animate dal vino. Eppure devo ammettere che sto passando sempre più tempo in Canada. Mi domando se non abbia a che fare con quel buffo e imprevedibile personaggio canadese di cui mi sono accidentalmente innamorata tra una maschera, due pinne e un pesce pagliaccio.

E così qui mi trovate, a guardar fuori da una finestrella piovosa sui boschi d'acero, mentre rivivo le mie avventure di posti esotici e personaggi improponibili, e le riscrivo nero su bianco.