16.12.15

L'arco della storia


Riprendiamo il discorso degli elementi base del romanzo e della differenza tra trama A, B e C. Per chi si fosse perso le puntate precedenti, potete facilmente mettervi in pari leggendo QUESTO POST.

Oggi vediamo lo snodo delle trame lungo l'arco della storia. Ci sono varie grafiche professionali disponibili su Internet, ma non sono identiche a quella che abbiamo usato al corso, quindi beccatevi questa chicca di tecnologia casalinga.




Darò per scontato che tutti sappiate cosa sia la struttura in tre atti.

Primo Atto 


BRUCE WAYNE È UN BAMBINO RICCO E FELICE COSTRETTO AD ASSISTERE ALL'OMICIDIO DEI PROPRI GENITORI

- Set up: introduciamo il mondo ordinario, introducendo dettagli che permettano al lettore di conoscere il protagonista e l'ambientazione spazio-temporale della storia. Possiamo raccontare una giornata qualunque del nostro eroe, facendolo interagire con la sua famiglia e amici, dicendo dove e quando l'azione si svolge e dando indizi sulla condizione socio-economica del personaggio. Se il narratore è in terza persona può esserci una descrizione fisica dell'eroe, invece se la storia è raccontata in prima persona si dovrà aspettare. A meno che vogliate usare uno degli stratagemmi che i manuali di scrittura sconsigliano in quanto abusati, come l'eroe che si sveglia e si descrive mentre si guarda allo specchio lavandosi i denti o il dialogo in cui l'amico consola l'eroe dicendogli che non è male come crede, con quegli occhi azzurri e i capelli color del grano.

- Definizione del tema: nelle prime venticinque pagine del romanzo standard, troveremo, nascosto tra le righe, il tema della storia. Se non lo sapevate, siete in buona compagnia. Questo stratagemma permette di dichiarare nero su bianco qual è il nostro intento, cosa intendiamo dimostrare con gli eventi che andremo a raccontare, qual è il punto dove vogliamo arrivare. Molti autori scelgono di essere più diretti e antepongono al testo una citazione o una poesia che evochino il tema del romanzo.

Inizia la trama A: succede qualcosa (l'incidente iniziale) che muove la storia. Si stratta del punto di rottura in cui il mondo ordinario non può più tornare come prima. Comincia il viaggio dell'eroe.

Secondo Atto - fino al punto di mezzo


BRUCE WAYNE DIVENTA BATMAN

- Iniziano le trame B e C: l'eroe rifiuta poi accetta il suo inevitabile ruolo nella storia. Se nel romanzo c'è la storia d'amore, questo è il momento di far incontrare i due piccioncini. Una volta scoccata la freccia, gettiamo le ali da Cupido e indossiamo il cappello da strega cattiva, pronti a dividere e martoriare con mille peripezie la coppietta innamorata, che solo all'ultimissima pagina finirà (o meno) per ritrovarsi.

- Promessa del genere: se non l'abbiamo ancora fatto, è ora di firmare il contratto con il lettore e scegliere un genere per la storia. Chi sia fantasy, rosa o noir, rimarrà tale fino alla fine. Mai scrivere un giallo nostrano per poi far sbarcare gli alieni al terzultimo capitolo.

- Punto di mezzo: l'eroe è pronto ad affrontare i nemici. L'evoluzione ha raggiunto il suo apice, per procedere è necessario confrontarsi con l'antagonista. Questo passaggio deve essere ben definito, puntualizzato, magari con un'azione memorabile: Katniss Everdeen entra nell'arena pronta per uccidere, Harry Potter bacia il boccino d'oro preparandosi a sacrificare la propria vita, Rossella O'Hara mangia la carota giurando che non patirà mai più la fame.

Secondo Atto - dopo il punto di mezzo


BATMAN LOTTA CONTRO I CATTIVI

- I cattivi si avvicinano: l'eroe lotta e soffre e tenta e ritenta, finché l'antagonista sferra un attacco vincente che fa sembrare impossibile la vittoria dei buoni.

- Tutto è perduto (whiff of death): l'eroe è a terra, depresso, umiliato, solo e abbandonato. La morte fa capolino dalla porta. Possiamo introdurre o meno questo "soffio della morte", se decidiamo di inserirlo possiamo farlo in vari modi. L'eroe è in pericolo di vita, pensa al suicidio, oppure muore un personaggio secondario a cui il lettore si è affezionato. La piccola Rue del distretto 11, Harry Potter stesso (anche se io ero più disperata per Fred Weasley), la piccola Diletta.

Terzo Atto


BATMAN SCONFIGGE I CATTIVI

- Nuova idea: è un nuovo giorno. Il passaggio al terzo atto è reso possibile da un nuovo piano, una speranza di resurrezione che dà una nuova energia alla storia. Il terzo atto è breve e intenso, ha un ritmo ferrato e accompagna l'eroe dalle stalle alle stelle. 

- Finale: la tensione sale e tutti i nodi vengono al pettine nel climax. Ogni sottotrama deve essere risolta prima dello scioglimento, tenendo per ultima la trama principale.

- Denouement: lo scioglimento, o elixir, consegna al lettore quel che gli abbiamo promesso alla firma del contratto. Non deve essere per forza un happy ending... "Dopotutto, domani è un altro giorno!"


7.12.15

Gli eventi pseudo-traumatizzanti


L'anno scorso di questi tempi stavo facendo la valigia per l'Italia, col prospetto di passare un bianco Natale con famiglia e amici.

Quest'anno, grazie alla simpatica burocrazia governativa americana, me ne devo stare buona e zitta in Canada, perché se lascio il paese c'è anche caso che non mi lascino più entrare. Ma come? Direte voi. Non eri tu quella che voleva viaggiare libera e felice, senza contratti né legami, realizzando il grande sogno di fare la turista per sempre? Ebbene sì, quella sono io, o almeno lo ero fino allo scorso luglio, quando, arrivata all'aeroporto di Vancouver, mi ritrovai tra le grinfie del famigerato ufficiale d'immigrazione (UI).  

UI: "Passaporto e permesso di soggiorno".

IO: "Ciao! Piacere di conoscerti! Come stai?"

UI: "Miss Agosti?"

IO: "Presente."

UI: "Miss Agosti, qual è il motivo della sua visita in Canada?"

IO: "Come ho già detto alla tua collega, il mio ragazzo è canadese, ci siamo incontrati in Honduras, facevamo sub, bla bla bla, ora viviamo sulla Sunshine Coast, non so se ci sei mai stato, è davvero splendido, ci sono i cerbiatti, gli orsi..."

UI: "Miss Agosti, lei vive in Canada?"

IO: "Vivo un po' ovunque, sai, amo viaggiare, come dico sempre, casa è dove è il mio spazzolino da denti".

UI: "Lei è residente?"

IO: "No."

UI: "Turista?"

IO: "No."

UI: "Ha un permesso di lavoro?"

IO: "No, te l'ho detto, sono una viaggiatrice."

UI: "Il computer non riconosce il suo stato. Lei ha un telefono?"

IO: "Eccolo... Quella è la foto di Curiosini, oh, e quello è Cretinetti, pensavo fosse femmina invece poi gli sono cresciute le corna... oh, e quello è la mia prima zucchina! Sai, è il primo anno che faccio l'orto."

UI: "Miss Agosti, chi è questo bambino nelle sue foto?"

IO: "È il mio cuginetto, il figlio di mia cugina, si chiama Gabriele ed è il bimbo più buono e bello del..."

UI: "Dove si trova questo bambino?"

IO: "In Italia? Con sua madre e suo padre?"

UI: "Me lo sta chiedendo?"

IO: "In Italia. Giuro. 
Ti farei leggere i messaggi tra me e mia cugina ma sono in italiano".

UI: "So leggere l'italiano. Sono figlio d'italiani."

Quest'uomo è bello, incazzato, pericoloso, e tiene il mio futuro tra le mani. Sono già un po' innamorata. I seguenti ottantacinque minuti passano con la lentezza delle condanne a morte, in cui Mister UI guarda TUTTE le mie mail, TUTTI i miei messaggi, TUTTE le applicazioni. 

Nel seguente ordine, vengo accusata di:

- Aver avuto un figlio clandestino (il mio cuginetto) e tenerlo nascosto nei boschi (il parco delle caprette a Reggio Emilia).

- Essere una prostituta arruolata per un paio di giorni di piacere a casa di un qualche riccone canadese (per fortuna i miei selfie col buon Neil lo convincono che di ricco, a casa nostra, abbiamo solo l'immaginazione). 

- Aver inserito droghe varie nei miei orifizi vari (se vi è mai capitato di vedere i programmi di real TV sulle dogane americane, saprete il panico che ho provato in quel momento. Figo per figo, ma le dita nel culo no, grazie).

Dopo avermi grigliato per bene (a parole, niente perquisizione), Mister UI mi prega di non piangere e gli spiego che non sto piangendo, è che dopo un giorno di volo, un Lorazepam per dormire e un'ora e mezzo di terzo grado, gli occhi mi stanno letteralmente uscendo dalle orbite. Finalmente compare il timbro e mi è concesso l'ingresso al paese, con la promessa e la minaccia di cominciare subito le pratiche per il permesso di soggiorno (Permanent Resident).

Qualche settimana dopo, più leggera di migliaia di dollari e milioni di bestemmie, TUTTi i duecentomila documenti necessari per la richiesta di visto sono pronti, e io e il buon Neil ci presentiamo al notaio per dire "I DO". Non iniziate coi gridolini e le congratulazioni... non siamo sposati... un minimo di libertà lasciatemela! Siamo diventati una coppia di fatto (common law) così che lui possa farmi da sponsor. 

Non facciamo in tempo a uscire dall'ufficio che sua madre telefona per avvisarci che la casa nuova non è pronta e verrà a stare da noi per QUALCHE settimana. Panico. Pensa a una scusa, pensa a una scusa, pensa a una scusa. Niente. Inutile ribellarsi. Ho voluto l'I DO, ora pedalo. 

Le tre settimane di convivenza con la suocera sarebbero un bel romanzo, prima o poi creerò un personaggio a lei ispirato, ce ne sono state delle belle. Non mi sembra corretto sparare a zero approfittando del fatto che non sa leggere l'italiano... anche se una piccola vendetta non guasterebbe. Vi basti sapere che si è presentata con due uccellini tropicali che le mangiavano dalla lingua e mi cagavano in testa, una ricetta del dottore per il massimo quantitativo legale di marijuana (un dosaggio adatto per un cavallo, forse) e una cassa di vino rosso economico da ventiquattro bottiglie (che è durata meno di una settimana. E no, noi non ne abbiamo bevuto).

Eccoli qui, gli eventi pseudo-traumatizzanti, ve ne ho parlato tanto e finalmente sono riuscita a metterli nero su bianco. Ce ne sarebbero altri, ovviamente, ma per ora devo concentrarmi sul sopravvivere alle feste. Cercherò di non farmi venire troppa nostalgia e tristezza, ma dalla mole di luci e regali che vedo già in giro credo che come minimo mi verrà un attacco d'allergia al consumismo!


Photo http://goo.gl/Zl1Bg5

2.12.15

I miei "voglio" e "non voglio"

Tenar ha pubblicato "Ciò che siamo, ciò che non vogliamo" e Chiara lo ha trasformato in un meme, "I vorrei della mia scrittura". 

Mescolando entrambe le idee, ecco la mia lista di "voglio" e "non voglio".

1. Non voglio che la mia scrittura diventi un obbligo, anche se voglio obbligarmi a scrivere. 

Sono fiera del ritmo sostenuto con cui sto procedendo col mio romanzo, NTS. Sono quattro mesi che scrivo ogni mattina, tranne poche eccezioni, indipendenti dalla mia volontà. Ho avuto qualche problema a mantenere l'impegno preso, perché ovviamente le rinunce sono tante, ma finora ce l'ho fatta. Mi alzo, accendo la stufa, faccio il caffè, scrivo. Niente telefono, mail o scuse. Conto di proseguire in questo modo fino alla fine della revisione, se posso. Detto ciò, non vorrei mai arrivare al punto di sedermi al computer per forza, senza trarne nessun piacere. La scrittura è la mia passione, un hobby, non una costrizione. Di quelle, nella vita, ce n'è già in esubero.

2. Non voglio rimanere legata a un genere, anche se ricominciare daccapo ogni volta fa paura.

Se e quando finirò mai NTS, vorrei scrivere qualcosa di tutt'altro genere. Ho in mente una fiaba, un mistero dai toni grotteschi incentrato sulla tecnologia e un romanzo psicologico ironico. L'idea di ripartire daccapo e imparare le regole specifiche di nuovi generi mi fa venire voglia di rimanere nel campo in cui mi trovo, il romanzo mainstream, non di genere, che non ha regole precise se non quelle classiche della struttura a tre atti. Spero che saprò cacciare la pigrizia quando sarà il momento, perché un vero scrittore si cimenta in qualsiasi capriccio della propria immaginazione. Come dico sempre, siamo solo umili servitori.

3. Voglio scrivere arte vendibile.

Parlando con altri blogger di letteratura come arte piuttosto che prodotto commerciabile sono arrivata alla conclusione che vorrei scrivere arte vendibile. Arte, nel senso che vorrei che il mio stile e il ritmo della mia narrazione facesse volare la fantasia del lettore mentre viene cullato dalla scelta opinata di ogni parola del testo. Vendibile, nel senso che vorrei che il testo fosse accessibile ai più e non solo a un ristretto pubblico intellettualoide e autoreferenziale. Se mantenere un registro medio-basso di vocabolario e aggiungere una storia d'amore emozionante può aiutarmi ad essere letta e apprezzata, ben venga. Vorrei che il mio romanzo fosse un buon regalo di Natale, piuttosto che un pezzo da museo.

4. Voglio che il mio romanzo sia il segnale che il lettore stava aspettando.

Nella vita reale, conosco molte donne che passano le giornate come la mia protagonista, a preoccuparsi di piccolezze inutili. Crescono in una realtà provinciale, o nel caos di una megalopoli, ossessionate dal giudizio degli altri, con valori mediocri. Vivono in una conchiglia chiusa. Possono essere perle scintillanti, perfette, preziose finché vuoi, ma non sapranno mai che esiste il mare. 
Il messaggio che cerco di passare col mio romanzo è: "guarda, questa sei tu, questa è la vita che ti aspetta, a meno che tu prenda coscienza della tua prigionia e rinunci alla comodità e a un'apparente sicurezza per scoprire qual è il tuo vero posto nel mondo. Vai e fai. Andrà tutto bene".

A questo punto, mi faccio polemica da sola. Senza fare nomi, recentemente è stata assassinata una bellissima ragazza che era partita dall'Italia per aiutare il prossimo. È terribile. È innegabile. Era meglio se stava a casa? Probabilmente sì.
Non sto nemmeno dicendo che tutte adesso dobbiamo alzarci domattina e metterci a gridare "andateaffanculo", smettere di depilarci e andare in giro nude per strada. Ci sono moltissime donne che si svegliano ogni giorno nel paese in cui sono nate e sono a loro agio come aghi su un pino. Buon per loro. 

Il mio romanzo si rivolge invece a quel centinaio di donne che ho incontrato lungo la strada e si sono confidate con me, con le stelle negli occhi, dicendo "quanto vorrei avere il coraggio di fare quel che hai fatto tu". Ecco, il mio libro è per loro, è il segnale che stavano aspettando, è il manuale delle non più tanto giovani marmotte.

E gli uomini? Gli uomini apprezzeranno il mio libro perché è bello, tranne quelli che sono abbastanza ricettivi da capire che il messaggio vale per tutti.

A proposito di segnali e oracoli divinatori, l'altro giorno è uscito un po' di sole e mi sono fiondata subito in spiaggia. Mentre stavo a occhi chiusi, ponderando quel che mi attende in futuro, ho sentito qualcosa muoversi contro le mie gambe. Per poco non mi veniva un infarto. Il mio nuovo amico era un gattone pelosone, che mi è salito in braccio per farsi fare le coccole (e i selfie). Al collo aveva un collare con la targhetta a forma di cuore rosso con nome e numero di telefono... Vi presento Hemingway!


25.11.15

Come si scrive la LOGLINE di un libro?


La settimana scorsa abbiamo parlato degli elementi base del romanzo e vi ho anche dato i compiti a casa; oggi partiremo proprio da quelli per imparare come si scrive la logline di un libro. 

Il metodo che vi presento è tradotto dall'inglese e l'ho imparato al corso di scrittura con Kathryn Para; esistono altre formule, non troppo dissimili, come quella che trovate a questo link, che Daniele ha pubblicato su Penna Blu e che ho consultato più volte.

La logline di un libro si costruisce in due fasi successive. Se facciamo bene la prima, la seconda sarà una passeggiata di salute.


Fase uno



Scegliete il romanzo su cui state lavorando (o un libro che avete letto e apprezzato) e rispondete alle seguenti domande:

1) Di che genere si tratta? È un giallo, un thriller, un rosa, un fantasy? 

Questa risposta non è sempre facile come sembra. 

Io per esempio posso ritrovare gli elementi di diversi generi nel mio romanzo, c'è un mistero, un'epopea familiare, e una storia d'amore in secondo piano. L'avventura non manca e i personaggi sono sempre in viaggio. Che genere è?

Potrebbe essere mainstream, cioè letteratura non di genere. In questo tipo di libri si usa un linguaggio semplice, accessibile ai più, si dà molto peso alla trama, ed esiste un conflitto forte.

Oppure potrebbe essere new adult, un genere nato da poco sulla scia delle cinquanta sfumature (che mi rifiuto di linkare perché ho letto il primo libro e mi ha fatto &%$£!), le cui caratteristiche rispecchiano quelle del più noto young adult o YA, con l'unica differenza che i personaggi sono di un'età compresa tra i 18 e i 30 anni.

Al corso, il mio romanzo è stato definito romantic mystery, che non saprei tradurre; spero che non si dica mistero romantico perché non vorrei finire additata come scrittrice Harmony.

2) Qual è l'ambientazione della storia? Se l'azione si svolge a Milano o Roma, la risposta è semplice. 

Il mio romanzo ha quattro location, Italia, Brasile, Honduras e Canada. Anziché elencarle tutte, potrei dire che la storia si svolge tra l'Italia e le Americhe.

Per definizione i fantasy hanno un setting inventato, in tal caso anziché dire Panem o Hogwarts, che non significano nulla per il potenziale lettore, diremo "un futuro mondo post-atomico diviso in tredici distretti" o "una scuola di magia fuori Londra".

3) Chi è il protagonista della storia? C'è che sceglie di dire nome e cognome, c'è chi reputa queste informazioni inutili per il potenziale lettore e preferisce nominare un paio di caratteristiche del personaggio. A voi la scelta. 

Se la vostra protagonista si chiama Viola Milano (cit. Grazia Gironella), partirete sicuramente avvantaggiati.

La mia protagonista è una giovane donna disoccupata e single. (Non è una descrizione molto allettante, lo so, ma ormai l'ho creata così e me la tengo).

Harry Potter è un orfano con poteri magici, oppure un apprendista mago con un'infanzia difficile alle spalle.

4) Chi è l'antagonista della storia? È importante definire correttamente questo personaggio, spesso mal attribuito. Se avete dubbi, leggete i commenti allo scorso post, da cui è nata una prolifica discussione. 

Io pensavo che la mia antagonista fosse la protagonista stessa, o il destino avverso. Invece, scoprire che l'antagonista è sempre una persona e che ostacola continuamente il protagonista, spesso perché i due desiderano ardentemente la stessa cosa, mi ha permesso di delineare una trama definitiva per la mia storia, superando finalmente un blocco che mi affliggeva da mesi.

5) Qual è l'obiettivo del protagonista? Qual è l'oggetto del suo desiderio, ciò che vuole ottenere assolutamente?

Anche in questo caso, prestate attenzione. Deve esserci una risposta. 
La mia storia ha una protagonista passiva, che si trova trascinata dagli eventi senza mai prendere in mano la situazione. Non pensavo avesse un obiettivo. Parlandone al corso, invece, ho scoperto che la mia protagonista desidera l'indipendenza, sia dai genitori, sia economica, anche dai suoi stessi sentimenti, che la affliggono da sempre. Quel che lei non sa, e che dovrà imparare, è che quel le serve non è quel di cui lei crede di aver bisogno.


Fase due




A questo punto siamo pronti per unire le informazioni in una frase unica che presenti il nostro libro. Per farlo possiamo partire da questa formula:

[TITOLO] è un [GENERE] ambientato in [AMBIENTAZIONE] su/che parla di [PROTAGONISTA], in lotta con [ANTAGONISTA] per [OBIETTIVO].

Le avventure di Pinocchio è una famosissima favola ambientata in un mondo fantastico ai tempi del Graducato di Toscana che parla di Pinocchio, un burattino di legno con la tendenza a dire le bugie che supera le più stravaganti avventure con l'obiettivo di diventare un bambino vero.

The Goldfinch è un romanzo di formazione ambientato in New York su Theo Decker, un adolescente in possesso di un quadro di grande valore, che combatte un gruppo di ladri di quadri per salvare il quadro e la sua anima.

Harry Potter è un fantasy ambientato in una scuola di magia fuori Londra su un giovane orfano che diventa apprendista mago per combattere un potente malvagio che cerca di ucciderlo per ottenere il dominio sul mondo.

NTS è un romantic mystery ambientato a cavallo tra l'Italia e le Americhe, su una giovane donna disoccupata e single che si trova coinvolta in un intrigo famigliare internazionale che ne rivelerà la vera identità.

Middlesex è un romanzo di formazione, vincitore del premio Pulitzer, ambientato a Detroit, su un giovane ermafrodito di origini greche che cerca disperatamente di trovare un'identità di genere in un mondo poco propenso all'accettazione delle diversità.


L'angolo del follower


Ora tocca a voi! Scrivete nei commenti le vostre logline.

Cosa ne pensate di questa formula? Come sempre, le critiche costruttive sono ben accette. 

Ne approfitto per ringraziarvi dei tanti commenti al post sugli elementi base del romanzo, che mi sono stati utilissimi.

16.11.15

Elementi base del romanzo



Photo credit: tattoo.com



Al corso di scrittura con Kathryn Para ho imparato moltissimo, e nelle prossime settimane vorrei condividere questa bellissima esperienza con voi. Il tema del corso era "Trama e struttura" e nonostante in passato avessi già letto vari manuali di scrittura sull'argomento, ho scoperto che c'è ben di più da sapere a riguardo. Cercherò di evitare l'ovvio e soffermarmi invece su quel che non sempre si legge in giro.

QUESTO POST PARLA DEGLI ELEMENTI BASE CHE COSTITUISCONO UN ROMANZO. SI RIVOLGE A SCRITTORI CHE ABBIANO GIÀ UNA CERTA ESPERIENZA IN MATERIA DI SCRITTURA.


Il protagonista:


È il nostro eroe. Ogni romanzo ne ha uno, e uno solo. 

Ha due caratteristiche imprescindibili:

1) vuole qualcosa a tutti i costi. Ha un obiettivo ben preciso, irremovibile.

Esiste un'eccezione alla regola. Si tratta del protagonista passivo: non vuole nulla, è trascinato nella storia contro la sua volontà, non prende mai in mano la situazione ma si lascia dominare o guidare dagli altri personaggi e dagli eventi. 

NB: Il problema con questo tipo di protagonista è che si rischia di rimanere impantanati a metà storia, non si riesce più ad andare avanti. Indovinate un po'? Tutte le mie protagoniste finora sono state passive! Grande Lisa. Parti sempre dalle missioni impossibili! Per fortuna sono riuscita a lavorare con il gruppo, trovando nei meandri della mente della mia eroina quel che ne muove i passi, cioè il desiderio di indipendenza (anche se quel che lei crede di volere non è affatto quel che le serve).

2) ha una mancanza, un dolore, che causa un difetto fatale alla sua personalità. Questa caratteristica lo rende umano e permette al lettore di identificarsi. 

Per esempio, la mia protagonista soffre d'ansia, e prende una valigia di rimedi omeopatici nel tentativo di mantenere il controllo sui suoi stati emotivi. Nonostante i suoi atteggiamenti e comportamenti siano irritanti al punto di diventare patetici, il lettore (spero) si identificherà con la sua umanità e gliene perdonerà di ogni. 

Un altro esempio: per chi ha visto la serie TV Desperate Housewives, Gabrielle è egoista e viziata, nella vita reale non la vorremmo come vicina di casa, ma sapendo della sua infanzia difficile proviamo empatia nei suoi confronti e ridiamo  ogni volta che fa una delle sue scenate melodrammatiche. Lo stesso vale per le altre protagoniste della serie: Susan è l'insicura, Lynette è la prepotente, Brie è la patologicamente (f)rigida.


L'antagonista


È l'anti-eroe. In inglese si chiama "villain" e ho sempre pensato che dovesse essere un fattore negativo, in opposizione al protagonista. Sbagliavo. L'antagonista affronta il viaggio insieme al protagonista, gli crea problemi, cerca di fermarlo, ma non è detto che sia cattivo. Vuole qualcosa a tutti i costi, e questo qualcosa è spesso la stessa cosa che vuole il protagonista.

NB: l'antagonista è sempre una persona. Non può essere, per esempio, una malattia, o l'incapacità di trovare un lavoro, o di procreare.

Per esempio, in The hunger games, l'antagonista di Katniss non è il gioco, né la capitale, bensì Peeta.


L'incidente iniziale


È l'evento che cambia per sempre la vita del protagonista, ne mette in moto il cambiamento senza possibilità di tornare mai più al mondo ordinario come lo conosceva.

Per esempio, in Harry Potter l'incidente iniziale è l'arrivo di Hagrid a casa Dursley, in The hunger games è il sorteggio di Prim.

La posta in gioco


Il nome in inglese è "stakes", spero di averlo tradotto bene, se conoscete un termine migliore vi prego di farmelo notare così posso correggere. La posta in gioco è ciò che è a rischio, sotto accusa o messo in discussione. Più è alta, più il lettore si sentirà chiamato in causa. Di solito la posta in gioco è un bene supremo, come la vita, la libertà o l'amore.

Per esempio, in Harry Potter la posta in gioco include tutte e tre le cose. Ognuna di queste è la risoluzione di uno dei tre livelli della trama. Approfondiamo questo concetto, perché capirlo mi ha dissipato molti dubbi che avevo sul mio romanzo.


Le trame


Trama A: è la trama esterna; quella, per capirci, che si legge nella logline (che costruiremo la prossima settimana)Comincia nel primo atto e termina nel terzo atto, accompagna il lettore lungo la concatenazione di eventi che fa avanzare la storia dall'inizio alla fine. Il protagonista vuole qualcosa e fa di tutto per ottenerlo. 

Per esempio, Harry Potter è una serie fantasy, ambientata in una scuola di magia fuori Londra, su un adolescente apprendista che impara ad usare i suoi poteri per combattere un mago malvagio.

Riduttivo, no? Il motivo è che quel che ci fa amare Harry va ben oltre la trama A, quel che ci fa identificare con le sue peripezie sono la trama B e la trama C.

Trama B: è il viaggio interiore del protagonista. È un arco di crescita che vede l'eroe cambiare in modo irreversibile. Risulta nel risanamento del dolore che affligge il personaggio oppure nel superamento (o accettazione) del suo difetto fatale. 

NB: La trama B comincia nel secondo atto e si suddivide in due fasi: nella prima, Batman diventa Batman, nella seconda, Batman lotta contro i cattivi.

Per esempio, Harry Potter scopre di avere poteri magici, impara a usarli, poi li usa per sconfiggere Voldemort, imparando ad accettarsi come mago, grazie al supporto dei suoi nuovi amici, e risanando il dolore della perdita dei genitori.

Trama C: è la storia d'amore. Regola assoluta per questa linea narrativa: deve essere tormentata! A nessuno piace leggere di una noiosa coppia felice e contenta.

La sottotrama


La sottotrama è una storia parallela che rispecchia la trama principale. Non è indicata per scrittori in erba, perché deve intrecciarsi alle trame A, B e C con regole precise. Quando la trama A è positiva, la sottotrama è negativa. Quando la tensione scende nella trama A, la tensione deve salire nella sottotrama. E così via. Meglio lasciarla per chi ha già scritto altri romanzi e ha interiorizzato il meccanismo dell'arco della storia (di cui vi parlerò la prossima settimana). 

Per esempio, la relazione tra Hermione e Ron è una sottotrama di Harry Potter. Quando Harry è felice, quei due litigano. Quando Harry è a pezzi, quei due si danno finalmente il primo bacio. In questo modo, il lettore rimane appiccicato alla pagina, senza mai svegliarsi dal sogno narrativo. 

Indovinate un po'? Il mio romanzo ha DUE sottotrame! Di nuovo, ho vinto il primo premio al concorso "Complichiamoci la vita". 


Compiti a casa:


Prendete il vostro romanzo (o un libro che avete letto di recente) e scrivetene i seguenti dati, che useremo per costruire la logline.

Genere:

Ambientazione:

Protagonista:

Antagonista:

Obiettivo:

Se avete dubbi o domande, non esitate a chiedere, sarò felice di (cercare di) rispondervi. Inoltre, alcuni di voi hanno più esperienza di me e le critiche costruttive sono sempre ben accette.

12.11.15

Con sta pioggia e con sto vento


Ogni anno, nell'undicesimo giorno dell'undicesimo mese, alle ore undici e undici minuti, un'intera nazione osserva un minuto di silenzio in onore dei veterani di guerra. Gli abitanti del mio piccolo paese, così come gli abitanti del resto del Canada, si riuniscono nella piazzetta antistante la legione, ascoltano le storie di ragazzi mandati in battaglia, le tristi trombe in memoria dei defunti, il coro locale e il microfono che chiama i nomi di coloro che si sono sacrificati per la patria e di coloro che si prodigano ogni giorno per proteggere il prossimo. Per finire, la banda, armata di tamburi e cornamusa, marcia fino all'ingresso della legione e i kilt blu si mischiano alla marea di papaveri rossi appuntati su ogni cuore.

Remembrance Day, 11/11/2015, B.C. Canada

Ieri, dopo la funzione, la luce del sole è sparita dietro le nubi e la luce elettrica è sparita nella tempesta, monito di quanto alla Natura basti un attimo per rovinare i nostri piani. Il meteo prevede un weekend di pioggia e vento, sono rintanata in casa e spero che la carica del computer mi basti per scrivere qualche ora ancora.
Alla prima occasione pubblicherò questo post, intanto faccio bollire l'acqua sul camino e faccio i compiti per il corso di scrittura a cui, tempo permettendo, parteciperò sabato pomeriggio. Il corso è organizzato da Kathryn Para, autrice di un solo romanzo, Lucky, la storia di una foto-reporter canadese, promiscua e alcolizzata, che soffre di disturbo post-traumatico da stress in seguito a un periodo passato tra Iraq, Israele e Egitto durante il quale è stata tenuta in ostaggio e ha assistito alle più basse brutture umane. Ho conosciuto Kathryn il mese scorso, quando ha ospitato il corso di scrittura con Betsy Warland a casa sua, in Gibsons. Chi avrebbe mai detto che una dolce biondina con un ottimo gusto per l'arredamento potesse avere dentro di lei una storia così cruda, raccontata da un personaggio decisamente disturbato.
Kathryn ci ha dato i compiti per sabato:
1) Devo portare un paragrafo riassuntivo che presenti il mio romanzo, una sorta di lettera di presentazione a un'eventuale editore, come quelle che sono state mandate a Michele Scarparo per la rubrica Acchiappami. Se non sono riuscita a scrivere la sinossi in italiano, figuriamoci in inglese. Mi sta fumando il cervello.
2) Devo fare lo stesso per un libro o un film che mi è piaciuto, introdurre i personaggi e spiegarne la trama. Questo compito l'ho già fatto e mi è risultato più semplice, forse perché ho scelto un libro leggero, di Marian Keyes, dalla trama abbastanza lineare, al contrario del mio romanzo che è una matassa di vari caos sovrapposti, degno di una telenovela sudamericana.
3) Infine, devo portare una burning question, non meglio specificata. Che cosa voglio chiedere a Kathryn, a un corso su "Plot & Structure", cioè incentrato sulla trama e la struttura del romanzo? Quello che vorrei sapere è come va a finire il mio libro, ma temo sia una domanda a cui solo io posso rispondere...

Se aveste la possibilità di fare una domanda scottante a un'insegnante di scrittura, cosa chiedereste?
PS: se dovesse andar via la luce, potrei tardare a rispondere ai vostri commenti... Ehi! Non approfittatevene per non commentare... voi non avete la scusa del blackout!

4.11.15

Il romanzo-sovrano


Vivo in schiavitù. Sono tre mesi che voglio raccontarvi degli eventi pseudo-traumatizzanti che mi sono capitati al mio ritorno in Canada ma finisco sempre per parlarvi del mio romanzo-padrone. Faccio di tutto per liberarmi del suo giogo, ma finisco sempre per tornare indietro, con la coda tra le gambe. Mi sono illusa di aver ripreso controllo della situazione nelle scorse settimane, parlandovi del corso di scrittura con Betsy Warland che mi ha regalato tanti spunti, sia a livello personale sia come scrittrice. Mi sono azzardata a tirare fuori dal cassetto la favola/romanzo di formazione che ho elucubrato durante le vacanze in Italia, quando mi sono innamorata dello stile di Mathias Malzieu e ho abbozzato a una nuova trama usando il metodo del fiocco di neve. Dopo due giorni, anzi, due ore, ero già di nuovo a pensare al mio romanzo-persecutore. 

Non riesco ad abbandonarlo e non riesco a finirlo. Questa danza tra innamorati delusi continua ormai da due anni. La prima volta che ci siamo incontrati, sono rimasta abbagliata dalle sue promesse di diventare un saggio di psicologia. Ero così entusiasta da convincerlo a puntare più in alto, gli ho detto che sarebbe potuto diventare un best-seller se fosse stato un libro di auto-aiuto. 
La prima batosta è arrivata qualche mese dopo, quando ho scoperto che qualcuno dell'Università di Toronto aveva già pubblicato la mia idea e, sì, oggi è un best-seller. Magra consolazione il sapere che avevo ragione. Come ogni amante delusa, sono andata a piangere da un'amica, che mi ha convinto a non demordere, a travasare la mia passione in un romanzo, i cui personaggi esprimessero tramite le loro azioni i processi psicologici che intendevo pubblicare.

I primi mesi sono stati un idillio di manuali di scrittura creativa e blog letterari; tutto era nuovo, fresco, interessante. La prima stesura mi seviziava e mi consolava, ero così innamorata da dover condividere la mia passione col resto del mondo, e per questo motivo ho aperto il de agostibus. Ho fatto nuovi amici virtuali, completamente pazzi, fuori di testa, ossessionati dalla scrittura. C'era chi si alzava alle tre di notte, chi non usciva più di casa, chi impersonava i suoi personaggi nella vita di tutti i giorni. Mi sono sentita capita, supportata nella mia follia. Non ero l'unica a sognare i personaggi giorno e notte, non ero sola nel dedicare ogni minuto di tempo libero alla contemplazione del mio tesssoro

Fino al giorno in cui ho cominciato la revisione. Un burrone senza fine. In caduta libera. Senza vestiti. Secchiate d'acqua fredda. Schiaffi e manrovesci. Frustate. La fine dell'idillio. Peggio di scoprire il marito a letto con l'amante. I blog degli altri erano insopportabili, la loro felicità mi feriva, i post mi annoiavano. Sempre le solite cose. Il romanzo non reggeva, la trama non aveva più senso, i personaggi insipidi. Arrivata a metà revisione, ho affrontato il romanzo-torturatore e gli ho detto addio. Quel che non sapevo è che non si può voltare le spalle a questo tipo di relazione. Torna sempre a morsicarti le chiappe. 

Oggi sono alle prese col terzo tentativo di revisione. Sto passando dalla terza persona onnisciente alla prima persona, trasformando i tempi verbali dal passato al presente. Il tutto con la speranza di riuscire a entrare meglio nella testa della mia eroina e capire come va a finire la storia. Sono a metà libro, ho 30000 parole e vago per casa rasente ai muri, vado a letto tremante, mi alzo indolenzita e mi siedo alla scrivania terrorizzata. 30000 parole, la cima mai superata, il buco nero che mi ha risucchiato le prime due volte.
Nessuna trama mi soddisfa. Ho un'idea fissa che mi permetterebbe di arrivare al finale che desidero, ma mi pare un po' forzata, e non riesco a partorirla.

Photo credit:http://www.slideshare.net/prototypo/heros-journey-20150112


Secondo il classico schema del viaggio dell'eroe, sono al punto 10, sulla strada del ritorno. Per chi non fosse pratico di questa nomenclatura, ecco un esempio.

Abbiamo visto tutti Il mago di Oz, in cui l'ingenua Dorothy lascia il suo mondo ordinario alla fattoria e si trova coinvolta in un'avventura fantastica, con alleati, nemici e prove da superare. SPOILER ALERT. Quando finalmente l'allegra combriccola raggiunge la prova suprema, e confronta il mago di Oz, si scopre che quella non è affatto la fine, e c'è un ben più grande scoglio che aspetta i nostri eroi. Per poter tornare a casa e ottenere il lieto fine, Dorothy non può che proseguire e affrontare la lotta finale contro la Strega dell'Ovest.

Il momento è cruciale, quel che decide la fine del secondo atto dona senso al terzo atto, conduce al finale e permette al cerchio di chiudersi. 
Può darsi che lo stress di questa decisione mi stia castrando, soffro di ansia da prestazione.
Sono succube del mio romanzo-dominatore.

L'angolo del follower


Vi siete mai trovati in una relazione disfunzionale con un romanzo-despota? Come ne siete usciti?

Nella vostra esperienza, qual è il momento cruciale di un romanzo? 

Vi è capitato di dubitare delle vostre trame in fase di revisione?