L'anno scorso di questi tempi stavo facendo la valigia per l'Italia, col prospetto di passare un bianco Natale con famiglia e amici.
Quest'anno, grazie alla simpatica burocrazia governativa americana, me ne devo stare buona e zitta in Canada, perché se lascio il paese c'è anche caso che non mi lascino più entrare. Ma come? Direte voi. Non eri tu quella che voleva viaggiare libera e felice, senza contratti né legami, realizzando il grande sogno di fare la turista per sempre? Ebbene sì, quella sono io, o almeno lo ero fino allo scorso luglio, quando, arrivata all'aeroporto di Vancouver, mi ritrovai tra le grinfie del famigerato ufficiale d'immigrazione (UI).
UI: "Passaporto e permesso di soggiorno".
IO: "Ciao! Piacere di conoscerti! Come stai?"
UI: "Miss Agosti?"
IO: "Presente."
UI: "Miss Agosti, qual è il motivo della sua visita in Canada?"
IO: "Come ho già detto alla tua collega, il mio ragazzo è canadese, ci siamo incontrati in Honduras, facevamo sub, bla bla bla, ora viviamo sulla Sunshine Coast, non so se ci sei mai stato, è davvero splendido, ci sono i cerbiatti, gli orsi..."
UI: "Miss Agosti, lei vive in Canada?"
IO: "Vivo un po' ovunque, sai, amo viaggiare, come dico sempre, casa è dove è il mio spazzolino da denti".
UI: "Lei è residente?"
IO: "No."
UI: "Turista?"
IO: "No."
UI: "Ha un permesso di lavoro?"
IO: "No, te l'ho detto, sono una viaggiatrice."
UI: "Il computer non riconosce il suo stato. Lei ha un telefono?"
IO: "Eccolo... Quella è la foto di Curiosini, oh, e quello è Cretinetti, pensavo fosse femmina invece poi gli sono cresciute le corna... oh, e quello è la mia prima zucchina! Sai, è il primo anno che faccio l'orto."
UI: "Miss Agosti, chi è questo bambino nelle sue foto?"
IO: "È il mio cuginetto, il figlio di mia cugina, si chiama Gabriele ed è il bimbo più buono e bello del..."
UI: "Dove si trova questo bambino?"
IO: "In Italia? Con sua madre e suo padre?"
UI: "Me lo sta chiedendo?"
IO: "In Italia. Giuro. Ti farei leggere i messaggi tra me e mia cugina ma sono in italiano".
UI: "So leggere l'italiano. Sono figlio d'italiani."
Quest'uomo è bello, incazzato, pericoloso, e tiene il mio futuro tra le mani. Sono già un po' innamorata. I seguenti ottantacinque minuti passano con la lentezza delle condanne a morte, in cui Mister UI guarda TUTTE le mie mail, TUTTI i miei messaggi, TUTTE le applicazioni.
Nel seguente ordine, vengo accusata di:
- Aver avuto un figlio clandestino (il mio cuginetto) e tenerlo nascosto nei boschi (il parco delle caprette a Reggio Emilia).
- Essere una prostituta arruolata per un paio di giorni di piacere a casa di un qualche riccone canadese (per fortuna i miei selfie col buon Neil lo convincono che di ricco, a casa nostra, abbiamo solo l'immaginazione).
- Aver inserito droghe varie nei miei orifizi vari (se vi è mai capitato di vedere i programmi di real TV sulle dogane americane, saprete il panico che ho provato in quel momento. Figo per figo, ma le dita nel culo no, grazie).
Dopo avermi grigliato per bene (a parole, niente perquisizione), Mister UI mi prega di non piangere e gli spiego che non sto piangendo, è che dopo un giorno di volo, un Lorazepam per dormire e un'ora e mezzo di terzo grado, gli occhi mi stanno letteralmente uscendo dalle orbite. Finalmente compare il timbro e mi è concesso l'ingresso al paese, con la promessa e la minaccia di cominciare subito le pratiche per il permesso di soggiorno (Permanent Resident).
Qualche settimana dopo, più leggera di migliaia di dollari e milioni di bestemmie, TUTTi i duecentomila documenti necessari per la richiesta di visto sono pronti, e io e il buon Neil ci presentiamo al notaio per dire "I DO". Non iniziate coi gridolini e le congratulazioni... non siamo sposati... un minimo di libertà lasciatemela! Siamo diventati una coppia di fatto (common law) così che lui possa farmi da sponsor.
Non facciamo in tempo a uscire dall'ufficio che sua madre telefona per avvisarci che la casa nuova non è pronta e verrà a stare da noi per QUALCHE settimana. Panico. Pensa a una scusa, pensa a una scusa, pensa a una scusa. Niente. Inutile ribellarsi. Ho voluto l'I DO, ora pedalo.
Le tre settimane di convivenza con la suocera sarebbero un bel romanzo, prima o poi creerò un personaggio a lei ispirato, ce ne sono state delle belle. Non mi sembra corretto sparare a zero approfittando del fatto che non sa leggere l'italiano... anche se una piccola vendetta non guasterebbe. Vi basti sapere che si è presentata con due uccellini tropicali che le mangiavano dalla lingua e mi cagavano in testa, una ricetta del dottore per il massimo quantitativo legale di marijuana (un dosaggio adatto per un cavallo, forse) e una cassa di vino rosso economico da ventiquattro bottiglie (che è durata meno di una settimana. E no, noi non ne abbiamo bevuto).
Eccoli qui, gli eventi pseudo-traumatizzanti, ve ne ho parlato tanto e finalmente sono riuscita a metterli nero su bianco. Ce ne sarebbero altri, ovviamente, ma per ora devo concentrarmi sul sopravvivere alle feste. Cercherò di non farmi venire troppa nostalgia e tristezza, ma dalla mole di luci e regali che vedo già in giro credo che come minimo mi verrà un attacco d'allergia al consumismo!
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